Cucinare la polenta

Fare la polenta

Caratterizzata da una grande versatilità, la polenta si associa ai sapori più diversi, dando luogo a una ricca serie di preparazioni, legate soprattutto alla tradizione gastronomica dell’Italia settentrionale. È infatti un antichissimo piatto di origine italiana a base di farina di cereali e pur essendo conosciuto nelle sue diverse varianti pressoché sull’intero suolo italiano, ha costituito, in passato, l’alimento di base della dieta delle persone in alcune zone settentrionali alpine, prealpine, pianeggianti e appenniniche, apprezzata molto anche al centro e al sud Italia.

La polenta dà vita più che a un primo piatto a un piatto unico, essendo servita per lo più in accompagnamento a stufati, brasati o sughi di carne oppure a ricche preparazioni di uova e formaggi o intingoli vari con verdure o anche pesce.

La polenta si prepara tradizionalmente con farina di mais e/o di grano saraceno. Per un sapore più particolare si posso realizzare originali piatti a base di polenta con altri tipi di farina, come ad esempio quelle di ceci e di castagne.

La farina utilizzata più comunemente, è quella di mais, detta anche di granturco o farina gialla. A seconda del tipo di macinatura, la farina può essere a grana grossa macinata a pietra (sbramata o bergamasca) e a grana fine (fioretto). Noi utilizziamo la farina di mais, di nostra produzione, a grana grossa, macinata a pietra in un mulino vicino al nostro agriturismo. Questo tipo di farina ci permette di preparare una polenta soda e consistente, e richiede una cottura prolungata.

Per realizzare una buona polenta, occorre rispettare alcuni semplici regole. La prima fra tutte riguarda la dose di acqua e farina da utilizzare: solitamente la proporzione è di 1,5 l d’acqua ogni 400 gr di farina circa, dipende dalla grana della farina, più è grossa maggiore quantità di acqua richiederà, più è fine minore quantità di acqua occorrerà. Nel caso in cui ci si rende conto che la quantità di acqua è insufficiente durante la mescolatura si piò aggiungere dell’acqua calda e proseguire con la mescolatura.

Il procedimento è semplice, infatti una volta calcolata la giusta quantità di acqua, la si porta ad ebollizione nel paiolo, e si aggiunge il sale (10 gr per ogni litro di acqua). A questo punto si fa cadere la farina nell’acqua a pioggia, abbastanza rapidamente per non far abbassare bruscamente la temperatura dell’acqua in ebollizione, e mescolando velocemente con l’apposito legno, un cucchiaio di legno o una frusta per evitare la formazione di grumi. Una volta incorporata la farina all’acqua, bisogna proseguire la cottura mescolando con energia con un movimento rotatorio continuo, fino a fine cottura. La cottura della polenta deve avvenire per i primi 30 minuti circa a fuoco vivo, di modo che sulle pareti e nel fondo del paiolo si formi una crosticina da cui la polenta dovrà staccarsi facilmente. Quando la polenta inizia a staccarsi dalle pareti la cottura dovrà proseguire per circa 40 minuti a fuoco lento. Questo tempo non varia per la quantità di polenta ma varia per il tipo di farina utilizzato, se a grana grossa il tempo viene portato a un’ora e 45 minuti, per quella a grana fine invece scenderà a un’ora di cottura totale. È importante ricordare che al termine della cottura non bisogna mai aggiungere il sale, in quanto la farina di mais è di per sé dolce e di conseguenza il sale non verrebbe assorbito in maniera uniforme. Una volta cotta la polenta va impiattata, nel più classico dei modi sul tagliere di legno apposito, oppure come noi, la serviamo in dei piatti allungati monoporzionati con il classico sugo con salsicce e spuntature, che troverete anche questa settimana nel nostro menù, ma ogni tanto ci piace servirla con condimenti particolari come funghi champignon e porcini e primo sale, oppure speck e provola. Ma si può condirla come meglio si preferisce, con sugosi spezzatini di carne, sfiziosi funghi trifolati o cremosi formaggi per creare pietanze robuste e appetitose come la polenta con salsiccia e formaggio o gustosi piatti di recupero come il timballo di polenta e cotechino!

Un consiglio…

Una volta preparata, la polenta può essere conservata in frigo per un paio di giorni, purché lasciata prima raffreddare a temperatura ambiente e poi avvolta in una pellicola e messa in un contenitore. Così conservata, può essere poi tagliata a fette e fritta in padella in abbondante olio ben caldo, o abbrustolita sulla brace o su una padella grigliante e utilizzata come fosse un crostone o una bruschetta, oppure tagliata a fette e messa su di una teglia, condita a piacere e infornata per circa venticinque minuti in forno caldo a 180°! Accompagnate la polenta con ciò che più vi piace, carni, verdure, pesce, l’importante è che ci sia abbondante sugo cremoso nel quale intingere la vostra polenta.

Sentirete che meraviglia!

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Fare gli gnocchi

Gli gnocchi

I più noti e classici sono quelli di patate, ma in realtà i tipi di gnocchi presenti nella tradizione gastronomica italiana sono tanti e si diversificano, sia per gli ingredienti utilizzati, sia per la modalità di preparazione dell’impasto.
Si tratta di un antico piatto di origine popolare, semplice e sostanzioso, composto da ingredienti “poveri”.
Con il termine “gnocchi” si indicano pezzetti di pasta a forma tondeggiante preparati con patate cotte impastate con la farina, oppure preparati con altri ingredienti, come il semolino, il pane, poi ci sono gli gnocchi soffiati, quelli di ricotta e spinaci, di zucca, ecc.
Quelli più conosciuti sono quelli di patate, e pur avendo in Piemonte e nel Veneto i due maggiori centri di diffusione, gli gnocchi di patate sono molto popolari e consumati in tutta Italia. Si possono condire in mille modi, dai ragù di carne o di pesce a varie combinazioni di verdure, dalla salsa di pomodoro a salse a base di formaggio, oltre che semplicemente con burro e parmigiano.
Prepararli in casa non è difficile, ma bisogna procedere nel modo corretto, seguendo alcune semplici regole, la prima delle quali riguarda la scelta delle patate più adatte. Le patate più indicate infatti sono quelle “farinose”, caratteristica tipica di alcune varietà di patate a pasta gialla e di quelle a pasta bianca. Sconsiglio vivamente l’utilizzo di patate novelle, perché essendo molto acquose assorbirebbero troppa farina, rendendo gli gnocchi gommosi.

Come farli
Una volta scelte le patate giuste, bisogna lavarle accuratamente, metterle in una casseruola, coprirle con acqua fredda e lessarle poi a fuoco non forte per 20-30 minuti dall’inizio dell’ebollizione. Per capire se sono cotte con i lembi della forchetta basta pungerle e se non si sente resistenza fino al centro della patata allora saranno cotte. Dopo essere state sgocciolate dall’acqua di cottura, vanno sbucciate il prima possibile ed evitare che si raffreddino troppo per la lavorazione, che risulterebbe più difficile. Una volta sbucciate si passano allo schiacciapatate e si lascia intiepidire il passato di patate, si aggiunge poi la farina (250 gr ogni chilogrammo di patate) e un pizzico di sale. 

Con le mani si lavora il composto velocemente, prima che il passato si raffreddi del tutto, fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Se l’eccessiva umidità delle patate dovesse portare a sfaldare l’impasto durante la lavorazione si può aggiungere un uovo. Una volta ottenuto un impasto compatto e soffice se ne ricavano tanti cilindri di circa 1,5 cm di diametro, facendo rotolare piccole parti di impasto a una a una sulla spianatoia infarinata, li si taglia a pezzetti di 2-3 cm circa di lunghezza, ottenendo così gli gnocchi “lisci”. Per ottenere uno gnocco rigato, occorre premere con il pollice al centro di ogni pezzetto di pasta e passarlo sul “rigagnocchi”, oppure si possono utilizzare semplicemente i lembi di una forchetta inumiditi. Man mano che si preparano gli gnocchi vanno allineati su vassoi ben infarinati fino al momento della cottura. 

Gli gnocchi vanno cotti in abbondante acqua salata in leggero bollore, e una volta che salgono a galla si sgocciolano con un mestolo trasferendoli nella pirofila, se vanno ripassati in forno, o nella padella se vanno saltati col condimento scelto.
Noi utilizziamo solo ingredienti prodotti da noi stessi, le patate sono quelle che coltiviamo, la farina è quella che deriva dalle nostre coltivazioni di grano, poi macinata in un mulino qui vicino, e le uova sono delle nostre galline.
Nel nostro menù gli gnocchi sono presenti giornalmente, nelle salse più classiche, ma ci divertiamo ogni tanto a combinare sapori diversi per rendere i nostri gnocchi particolarmente gustosi ed unici.
Un piatto semplice e altrettanto delicato inserito da poco nel nostro menù, sono gli gnocchi conditi con una salsa di menta, zenzero e limone.
Una salsa semplice da realizzare, briosa, fresca e sempreverde. Si uniscono degli elementi che donano al piatto freschezza e genuinità.
Per la realizzazione della salsa basta preparare un mix di scorza di limone, zenzero grattugiato e qualche fogliolina di menta, da unire ad una crema composta da acqua di cottura, pepe e parmigiano. Provate i nostri gnocchi e vedrete che bontà!
Questa settimana abbiamo aggiunto un ingrediente particolare ai nostri gnocchi… abbiamo sostituito la classica patata a pasta gialla, con quella viola!
Sentirete che specialità… =D

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La pizza di solina

La pizza con farina di solina

Dopo avervi mostrato come facciamo l’impasto della pizza e come fare il pane di solina, questa volta vi parliamo della pizza con l’impasto di farina di solina. La pizza è così: un equilibrio perfetto di sapori e odori che mette di buonumore, una magia semplice e, tuttavia, anche un’alchimia misteriosa che solo chi è “del mestiere” sa ricreare ogni volta, per la gioia degli occhi e dello stomaco. E solo sperimentando riusciamo ogni volta a sorprendere prima di tutto noi stessi e chi la prova. E proprio la versatilità della pizza è la chiave della sua straordinaria diffusione: fonte di ispirazione in ogni parte del mondo è stata adattata secondo usanze locali e ingredienti tipici.
Della farina di solina ne abbiamo già parlato nell’articolo precedente, scritto sul pane, che abbiamo provato in purezza al 100%, e di questa farina “ancestrale”, ottima quindi per fare il pane, e con un’ottima resa anche per la pasta, ci incuriosiva conoscere anche la resa nella pizza.
E allora abbiamo provato!
Abbiamo imparato che impastare la farina di solina, significa avere a che fare con una farina molto ruvida, come abbiamo già visto, perché è una farina semi integrale, per questo nell’impasto abbiamo aggiunto una parte di farina 0, un po’ più di olio e usato un’acqua più calda per sciogliere il lievito di birra utilizzato. 

La tecnica di produzione della pizza, impone un processo molto diverso rispetto a quello del pane, specie nelle ultime fasi prima della cottura. Mentre per il pane, una volta fatto l’impasto e successivamente le pagnotte, viene direttamente infornato per la cottura, per quanto riguarda la lavorazione dell’impasto della pizza tonda classica, cotta al forno a legna, una volta fatto l’impasto e ricresciuto il panetto, poco prima di infornarlo, va nuovamente schiacciato, per dargli la forma desiderata, così come originariamente prevede la sua preparazione, ed ecco che in questa fase, l’impasto sottoposto a stress, deve poter avere una buona risposta in termini di tenuta ed elasticità dell’impasto, tali che una farina con un indice proteico così basso, certamente da sola non riesce ad avere. Ed è proprio per questo motivo, per avere una lavorazione e una resa migliore, che abbiamo deciso di “spezzare” la farina, e non utilizzarla al 100% naturale.

Abbiamo comunque provato sia l’impasto al 100% naturale sia spezzato, e abbiamo deciso che la pizza migliore era quella con un impasto spezzato, sia per la lavorazione, per la stesura dell’impasto prima di essere infornata, e sia per il gusto. L’impasto al 100% rimaneva ruvido al palato, poco morbido, ma molto fragrante e croccante. L’impasto spezzato, con una percentuale di farina 0, invece dona all’impasto una morbidezza e una fragranza perfetta, ottima per il palato e buona per la salute.

Di seguito vi lascio la ricetta completa!
Ingredienti:
1 kg di farina di grano di Solina;
500 gr. di farina 00;
1 panetto di lievito di birra da 25 gr.;
mezzo bicchiere di olio extra vergine d’oliva;
un cucchiaio di sale fino;
un cucchiaio di zucchero;
750 ml di acqua.
Dosi per: 4/6 persone
Tempo di preparazione: dall’impasto al forno 7/8 ore .
Tempo di cottura: con forno a 220° circa 10/12 minuti.
Difficoltà: Impegnativa

Procedimento:
Creiamo l’impasto mettendo la farina a fontana, e al centro di essa mettiamo l’acqua tiepida dove precedentemente abbiamo sciolto il panetto di lievito e lo zucchero.
Aggiungiamo il sale e l’olio extra vergine d’oliva e continuiamo ad impastare finché non si sarà formata una bella palla liscia ed omogenea. Mettiamo a lievitare l’impasto per circa 4 ore, in un contenitore coperto.
Riprendiamo poi l’impasto e lo rimpastiamo, lo tagliamo in diverse parti uguali, creiamo le palline e le lasciamo riposare in un contenitore apposito, coperte da un canovaccio per 3 ore circa in un luogo caldo.
Una volta riposate, prendiamo le nostre palline e le lavoriamo per fargli prendere la forma desiderata, dopodiché le condiamo a nostro piacimento, e le inforniamo per 10/12 minuti a circa 220°, nella funzione ventilata se cuociamo in un forno elettrico, ovviamente preriscaldato; altrimenti, come nel nostro caso, nel forno a legna… e buon appetito!

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Fare il pane di solina

Proseguendo il nostro viaggio su come fare il pane, oggi paleremo di un pane dal sapore antico! Un pane preparato con un grano macinato a pietra e che è davvero molto particolare: il grano di solina.

Il grano di Solina è una varietà di frumento tenero molto antica: fonti storiche (in particolare atti notarili di compravendita stipulati presso la fiera di Lanciano) testimoniano la sua coltivazione in Abruzzo all’inizio del XVI secolo. Caratteristico delle zone montane e marginali del Gran Sasso, specie la parte interna del massiccio sul versante aquilano, ma anche nella Marsica, nell’altopiano delle Cinquemiglia e in tutta l’area dell’appennino abruzzese, dove il freddo e le quote elevate permettono di ottenere un risultato qualitativo eccellente. In grado di resistere a lungo sotto la neve e al freddo intenso, può essere coltivato dai 600 ai 1400 metri e oltre. Anzi, maggiore è l’altitudine, migliore è la qualità!
Esistono detti popolari che testimoniano la stretta connessione tra questa varietà e la vita della gente abruzzese. Si dice, ad esempio, “quella di solina aggiusta tutte le farine”, oppure “se il contadino vuole andare al mulino, deve seminare la solina”. Un tempo era apprezzata soprattutto per la costanza produttiva, che garantiva la sopravvivenza delle famiglie contadine.

Il grano Solina ha un basso contenuto di glutine, un tenore proteico elevato, ed è l’ideale per praticare il metodo dell’agricoltura biologica.

Dal grano tenero di Solina si ricava una farina morbida al tatto, poco tenace, di colore chiaro e dal particolare profumo di montagna, e facilmente lavorabile a mano. Viene lavorato per ottenere la farina per i prodotti di panificazione artigianale, in particolare il pane casereccio, la pasta fatta in casa e la pizza.

Abbiamo voluto provare al naturale questa farina, senza l’aggiunta di altre farine, che avrebbero compromesso la resa di un pane genuino e autentico! Abbiamo quindi ottenuto un pane semplice fatto solo di farina integrale di grano di solina, lievito, sale, miele e acqua.

Tempo di preparazione: 15 ore tra riposo e lievitazione1 ora di preparazioneDifficoltà: media
Dosi per: 4/6 persone
Ingredienti:
700g di farina integrale di solina
400g di acqua
Un cubetto di lievito di birra
10 g di sale
1 cucchiaino di miele

Procedimento:
Questo tipo di impasto, essendo molto rustico e granuloso, ha bisogno di un po’ più di acqua rispetto al pane che facciamo solitamente.
Utilizziamo come nell’impasto classico, un impasto diretto, quindi mettiamo tutti gli ingredienti nella planetaria e la facciamo girare per qualche minuto, controlliamo che l’impasto non si attacchi troppo alle pareti (questo tipo di grano è molto grezzo e presenta anche tracce di crusca) e facciamo incordare l’impasto impastando per 10 minuti circa.
Prendiamo poi l’impasto, lo mettiamo su un piano da lavoro infarinato e gli diamo qualche piega a mano dandogli una forma di pagnottina, lo mettiamo a lievitare in un recipiente apposito coperto con la pellicola, e lo lasciamo in frigo tutta la notte.
La mattina seguente riprendiamo l’impasto, aspettiamo che arrivi a temperatura ambiente lasciandolo lievitare, ci vogliono circa 3 ore.
A questo punto riprendiamo l’impasto, e gli diamo la forma della pagnotta, lo mettiamo di nuovo a lievitare, direttamente su carta da forno, nei testi che andranno poi direttamente nel forno a legna, preriscaldato ovviamente, con una temperatura che si aggira intorno ai 220°. Prima di infornare facciamo dei tagli sulla pagnottina. Inforniamo e lasciamo il forno chiuso per 50 minuti.

Una volta trascorso questo tempo, il pane avrà un bel colore in superficie, apriamo il forno e lo lasciamo raffreddare.

Per avere un bel colore chiaro/scuro sulla superficie del pane basta fare il taglio sul pane (a croce o a strisce) subito prima di infornarlo. Appena fatti i tagli spolverate con la stessa farina la superficie, cosicché, quando il pane (con il calore del forno) si apre, cuocerà la parte dei tagli (che si apriranno in cottura), senza la farina, di un bel colore scuro, mentre le parti in cui avrete messo la farina rimarranno chiari.

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Ravioli al brasato

Vuoi stupire i tuoi amici con un piatto semplice e gustoso? Prova i nostri Ravioli al brasato e vedrai che successo…

Per Ravioli si intende una pasta ripiena in generale, che può essere preparata con diverse fogge: quadrata o rettangolare come i tortellini e gli agnolotti, raccolta come i cappellacci, o anche a mezzaluna e a triangolo. In alcune regioni i ravioli sono ripieni di ricotta, con o senza verdura, in altre invece sono ripieni di carne, proprio come i nostri ravioli al brasato, che sono un primo piatto della tradizione culinaria italiana. Le origini di questo piatto sono piemontesi, dove il raviolo in realtà viene chiamato agnolotto. Si tratta comunque di un piatto variamente diffuso nel Nord Italia e non solo. I ravioli sono un piatto sostanzioso e saporito, perfetto per essere servito nella stagione fredda e soprattutto durante le Feste natalizie, noi infatti li abbiamo serviti come primo piatto la notte di San Silvestro. Si tratta di ravioli di pasta all’uovo, ripieni di brasato di manzo tritato e arricchito con parmigiano. Per la realizzazione della pasta all’uovo occorre una discreta manualità, l’impegno richiesto per questa preparazione garantisce una sfoglia elastica che ben si presta a raccogliere il ripieno. Nella nostra ricetta abbiamo scelto di servirli con la salsa di cottura del brasato stesso e aggiunto un po’ di crema di noci.

La preparazione di questi ravioli è molto semplice. Iniziamo sempre la preparazione del piatto direttamente dalla carne, che una volta pulita e sgrassata, la tagliamo a pezzettoni e la poniamo in un recipiente capiente, aggiungiamo poi un trito di carote, sedano, cipolla e copriamo il tutto con del vino rosso e lasciamo per una notte intera il brasato a marinare in frigo (circa 12 ore).

Una volta trascorso il tempo di marinatura, riprendiamo la carne, la scoliamo e la mettiamo a rosolare con una noce di burro nell’olio. Riprendiamo poi il vino della marinatura, con gli odori e a questi aggiungiamo qualche chiodo di garofano e poche foglie di alloro. Cuociamo la carne per circa un’ora a fiamma bassa, e una volta passati i primi quaranta minuti bisogna controllare sempre che il liquido non si assorba troppo, infatti se risulta un po’ asciutto il liquido, aggiungiamo alla nostra carne un po’ di brodo vegetale. Saliamo e pepiamo e lasciamo proseguire la cottura per altri 30 minuti. Una volta terminata la cottura del brasato, mettiamo da parte la carne e passiamo il sughetto della cottura rimasto con il frullatore ad immersione, per ottenere una salsa liscia e vellutata.

Passiamo poi la carne nel tritacarne, (o se non avete un tritacarne, anche nel mixer da cucina va benissimo), e aggiungiamo 1 cucchiaio di salsa del brasato, il parmigiano e 1 uovo. Una volta pronto il nostro ripieno lo lasciamo riposare in frigo.

Nel frattempo, prepariamo la sfoglia. L’impasto di base dell’involucro della pasta ripiena varia in relazione al tipo di ripieno, a seconda che questo sia di carne o di magro (pesce, verdure o formaggi). Nel nostro caso l’impasto base è quello che abbiamo già trattato per il classico impasto della pasta fresca all’uovo, con un rapporto tra uova e farina di un uovo per 100 gr di farina e un pizzico di sale. Lavoriamo l’impasto fino a quando non diventa liscio e compatto. Durante la preparazione, se l’impasto dovesse risultare duro da lavorare, aggiungete poca acqua, se al contrario dovesse risultare troppo morbido aggiungete poca farina per volta fino alla giusta consistenza. Una volta pronta la pasta, la avvolgiamo nella pellicola e la lasciamo riposare per circa 30 minuti.

Stendiamo la sfoglia con il mattarello o con una tirapasta, in sfoglie molto sottili (circa 1mm di spessore), prendiamo il ripieno e disponiamo un cucchiaio di composto di brasato sulla sfoglia, distanziando le noci di ripieno cinque centimetri l’una dall’altra. Tiriamo un’altra sfoglia e la stendiamo sulla prendente con le noci di brasato, con un coppapasta o una rotella dentellata diamo la forma che desideriamo ai nostri ravioli e li chiudiamo con i lembi della forchetta. Man mano che i ravioli son pronti, li passiamo prima nella farina e poi su un vassoio.

 

Portiamo ad ebollizione abbondante acqua salata e tuffiamo i nostri ravioli. Quando salgono a galla li cuociamo per circa 3 minuti a fiamma moderata.

Nel frattempo, in una padella capiente, facciamo sciogliere il burro, un cucchiaio di salsa del ripieno avanzato e un cucchiaio di salsa di noci. Scoliamo i ravioli e li mantechiamo nella salsa. Impiattiamo e aggiungiamo una leggera sbriciolata di noci!

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il Vitello in porchetta

Tanti dei nostri piatti, i secondi in particolar modo, sono a base di carne, e in cucina, quando parliamo di carne intendiamo le parti commestibili degli animali da macello, da cortile e della selvaggina.

Ovviamente la qualità della carne dipende da diversi fattori: l’età e la razza dell’animale, l’alimentazione e le condizioni di vita, lo stato di ingrasso, lo stato di salute, le modalità di macellazione e conservazione, il rispetto dei requisiti igienici. È importante saper valutare le caratteristiche morfologiche e organolettiche che identificano una carne di buona qualità, quali il colore, l’odore, la consistenza e la tessitura, e noi ci teniamo particolarmente a tenere in considerazioni tutti questi fattori, al fine di creare piatti unici, genuini, teneri, che permettano una lavorazione semplice e veloce.

Scegliamo sempre prima di tutto della carne di prima qualità, e per quanto riguarda il nostro “Vitello in porchetta”, ovviamente utilizziamo la carne di vitello, che abbia circa 8 mesi di età; con un colore roseo, e che sia ricca di acqua e povera di grassi; il taglio che utilizziamo è la pancia, che in realtà come taglio è di terza categoria, infatti utilizzato generalmente per i bolliti, i brodi o i fondi, ma che nel nostro forno a legna rende una cottura incredibile, grazie al tipo di lavorazione che gli riserviamo.

Una volta arrivata la nostra pancia togliamo le parti di carne che non ci occorrono in questa preparazione, ma che utilizzeremo poi in altre ricette! Subito dopo la sgrassiamo e iniziamo a preparare gli ingredienti a noi utili per la preparazione del nostro piatto.

Timo, rosmarino, salvia e santoreggia sono le erbe aromatiche utili e necessarie per regalare al nostro vitello un sapore pieno e gustoso. Una volta sminuzzate le erbe, prendiamo dello strutto, aglio, vino bianco, olio, sale e pepe. Stendiamo all’interno della pancia un leggero strato di strutto e ci cospargiamo sopra il nostro bel mix di erbe battute con aglio, poi aggiungiamo un po’ di sale e del pepe. Arrotoliamo poi la pancia e la leghiamo con lo spago da cucina (questa tecnica la usiamo per fargli mantenere una forma regolare e perfetta durante la cottura, prima in padella, in forno poi!). Una volta legata, cospargiamo esternamente la carne con lo strutto e con lo stesso battuto di erbe usato per la farcitura, mettiamo il vitello arrotolato a rosolare in una casseruola capiente con un poco di olio d’oliva, e una volta rosolato, lo mettiamo su una teglia da forno, irrorando con un po’ di vino bianco. Inforniamo a circa 180°/200° nel forno a legna, lasciamo cuocere per un’ora e mezza e aggiungiamo poi dell’altro vino bianco che completerà la cottura del vitello per le successive ore nel forno.

Ogni due ore controlliamo la temperatura all’interno del nostro vitello arrotolato; dopo le prime 4 ore abbiamo una cottura media, che si aggira intorno ai 55°, controlliamo poi per le successive ore la nostra temperatura fino ad arrivare a quella che desideriamo, ovvero circa 78°. Ovviamente il tempo di cottura varia dalle dimensioni del pezzo di carne che andiamo a lavorare, più grande sarà più tempo impiegherà a cuocere.

Una volta cotto, lo tiriamo fuori dal forno e lo lasciamo raffreddare a temperatura ambiente, se vogliamo poi servirlo in un secondo momento, o possiamo tagliarlo nell’immediato e servirlo direttamente, irrorandolo con la salsa di cottura e un filo di olio a crudo sopra. Una delle sue caratteristiche infatti è la sua resa, il vitello in porchetta è ottimo sia se servito caldo, sia se servito freddo.

A noi piace servirlo con una decorazione di glassa di aceto balsamico, che dona al piatto un contrasto agrodolce molto delicato e piacevole al gusto, o con un contorno di verdure stagionali del nostro orto.

La cottura “in porchetta”, è una cottura tipica della cucina del centro Italia, si caratterizza nel nostro ristorante per l’uso del timo e della santoreggia freschi, due ingredienti indispensabili alla riuscita del nostro vitello! Il procedimento di cottura, era utilizzato in origine per cucinare un maiale svuotato e disossato, ma offre piatti gustosi anche con altri tipi di carne, come ad esempio il coniglio (proprio uno degli ultimi piatti arrivati nel nostro menù).

Se avete voglia di provare questo piatto e avete bisogno di qualche consiglio in più non esitate a contattarci =)

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L’impasto e la pizza del “Timo”

La storia
…della pizza, la tradizione italiana e la nostra ricetta base.

Insieme alla pasta e al pane, la pizza è sicuramente il prodotto gastronomico italiano più famoso e diffuso nel mondo. Rapida da preparare, economica, nutriente e gustosa, la pizza è un alimento semplice e nello stesso tempo completo ed equilibrato, perfetta per una cena in famiglia, per party e buffet all’aperto o per una semplice merenda.
Il nome di questa famosissima preparazione sembra derivare dalla sua forma, ovvero dal termine “pinsa”, participio passato del verbo latino “pinsere”, che significa” schiacciare, pressare”.
Nata come focaccia di pane con diversi ingredienti di complemento, è sempre stata un cibo per i poveri, a causa della sua estrema semplicità. Con l’introduzione del pomodoro, venuto dalle Americhe, è aumentata la sua popolarità, tanto da diventare il piatto più diffuso a Napoli fin dal XVI secolo. La pizza, nelle forme e nei gusti che conosciamo oggi, si è delineata nel XIX secolo. Secondo la tradizione, in occasione di un viaggio a Napoli della regina Margherita di Savoia, nel 1889, il pizzaiolo Raffaele Esposito ha inventato la “pizza Margherita”, con i tre colori della bandiera italiana: verde (basilico), bianco (mozzarella) e rosso (pomodoro). E’ questa la pizza più popolare e diffusa e da quel momento è nata una tradizione che ha visto numerose varianti (tra cui il calzone, una pizza ripiegata e chiusa), con i contributi dei sapori e delle specialità di ogni parte d’Italia.
È recente inoltre il riconoscimento di immenso prestigio dell’Unesco che ha ottenuto la pizza di Napoli, diventando patrimonio dell’umanità; un bene, insieme all’arte dei pizzaioli, che deve essere tutelato ad ogni costo.
La pizza, già nella sua versione originale, si presenta come un piatto unico, grazie ai carboidrati forniti dalla farina, alle vitamine del pomodoro, alle proteine nobili di origine animale della mozzarella e al giusto apporto di grassi assicurati dall’olio d’oliva extravergine. Se poi a questi ingredienti base si aggiungono come condimento delle verdure, grazie ai sali minerali e alle fibre fornite da queste ultime si può affermare di essere di fronte a una preparazione perfetta dal punto di vista dell’equilibrio dietetico.
La pizza napoletana è quella più famosa, con i bordi alti e morbidi, ma altre tradizioni italiane hanno prodotto tipologie diverse: pizza sottile e croccante, pizza al taglio, pizza alla pala. Gli ingredienti sono gli stessi, ma la forma e la modalità di cottura conferiscono un sapore diverso alle varie pizze. Inoltre, negli ultimi anni, per venire incontro alle esigenze e ai palati più diversi, molte pizzerie stanno sperimentando impasti con farine integrali, di solina, senza glutine, al kamut e così via.

Preparare una buona pizza è un’arte, che si esprime nella bontà dell’impasto di base oltre che nella qualità degli ingredienti che la condiscono.

La nostra pizza ha una preparazione base veloce e facile da realizzare. Come da tradizione il nostro impasto prevede l’utilizzo per ogni chilogrammo di farina 0 (di nostra produzione), di 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva, 5 gr di lievito, 5 dl di acqua tiepida e 10 gr di sale e miele.
Dopo aver preparato il lievito in una terrina e averlo fatto sciogliere nell’acqua tiepida, si aggiunge la farina a pioggia e la si amalgama un poco, quindi si unisce l’olio, il sale sciolto in un poco di acqua a temperatura ambiente e si lavora il composto fino ad ottenere un composto liscio, omogeneo ed elastico; si formano quindi, dei panetti da circa 250 grammi, si distribuiscono su una teglia ben infarinata, si cospargono di farina anche le palline formate, si coprono con un telo e si fanno lievitare per almeno 3 ore a temperatura ambiente (22° circa). Trascorso questo tempo, se si ha la possibilità, si può decidere di cuocere direttamente nel forno a legna (come nella nostra cucina!), oppure si stende direttamente il panetto su di una teglia ben oleata e, una volta condita a proprio piacimento, cuocerla nel forno, rigorosamente statico (altrimenti tenderà ad asciugarsi troppo con quello ventilato), con una temperatura di circa 250°.

Forno a legna

La cottura del forno a legna ovviamente è una cottura molto veloce, direttamente sulla pietra cuoce in circa 5 minuti, mentre nel forno comune che abbiamo in casa il tempo previsto è di circa 20 minuti. Se posso darvi un consiglio, per evitare una secchezza eccessiva della pasta, si può tenere per 15 minuti nel forno accesso e già a temperatura, una teglia con 1 litro di acqua, che evaporando renderà umido l’ambiente, togliendola appena prima di infornare la pizza.
La nostra pizza ha un gusto semplice e ricco allo stesso tempo, fragrante, delicato e genuino grazie soprattutto alle materie prime che utilizziamo, provenienti direttamente dalle nostre produzioni.
La pizza che ci rappresenta in assoluto ovviamente è la Pizza Timo, con una base di pomodoro (condito con olio extravergine di oliva, sale, pepe e origano) e porcini, una volta impiattata poi si cosparge con del timo fresco. Prodotti esclusivamente tipici della nostra terra che donano alla pizza un profumo estasiante.

Provate il nostro impasto e fateci sapere cosa ne pensate!

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Come fare il pane

Come fare il pane secondo tradizione. Cenni storici e procedimento

Leggi anche: come fare il pane di Solina

Il pane è l’alimento autentico e tradizionale per antonomasia, tanto da essere divenuto sinonimo di cibo e vita. È infatti ormai diventato un alimento base della civiltà occidentale, prendendo un posto fondamentale nella tradizione mediterranea come componente primario dell’alimentazione. Nella cucina più antica si usava il termine cumpanaticum (companatico) per indicare ogni preparazione che poteva accompagnarsi al pane, sottolineando appunto il suo ruolo fondamentale.

Le sue origini affondano nei primordi della civiltà, infatti la coltivazione e l’uso dei cereali risale al Mesolitico, quando i chicchi di grano venivano pestati e mescolati con l’acqua, mentre l’aggiunta degli agenti lievitanti risale all’epoca degli Egizi, narrata anche dalla Bibbia. Dal Medio Oriente poi la lavorazione del pane si diffuse in tutto il Mediterraneo, come dimostrano i forni comuni che iniziarono ad essere costruiti inizialmente nella Penisola Greca.

La panificazione nel corso dei secoli si è evoluta, tramandando anche gesti e conoscenze, fino a diventare una cultura vera e propria, tanto da gettare le basi della civiltà; infatti quando le popolazioni iniziarono la coltivazione dei cereali, con l’obiettivo unico di garantire a sé stessi la fonte principale di sostentamento, migliorarono prima di tutto le condizioni della vita e di conseguenza iniziò ad aumentare la popolazione.

Dopo vari secoli di evoluzioni delle tecniche produttive, innovazioni agrarie e scoperte scientifiche, abbiamo ereditato una ricchissima varietà di tipologie di pane, ottenute scegliendo e unendo ingredienti semplici come farina, acqua, sale e lievito. L’uomo ha dato vita a quella che oggi definiamo arte bianca, garantendo a sé stesso e alle generazioni future un sostentamento genuino e ormai irrinunciabile.

Il pane è composto da pochissimi semplici ingredienti, e grazie ai contatti con le altre culture e le diverse tradizioni, nel corso dei secoli sono nati moltissimi tipi di pane, anche dalle forme più svariate. Ci sono anche alcuni tipi di pane detti speciali, ovvero quei tipi di pane realizzati con farine diverse da quelle solite, come la farina di solina, di segale, di soia, integrale, e via dicendo; sono ritenuti pani speciali anche quelli che nell’impasto hanno l’aggiunta di ingredienti aromatizzanti o grassi.

I sistemi di lavorazione del pane sono molteplici, e ogni tipologia di pane ha la sua tecnica di lavorazione, ma i due sistemi per eccellenza, per realizzare l’impasto base del pane casereccio, sono comunque due: il sistema diretto e quello indiretto.

Il sistema diretto prevede una lavorazione unica, con l’aggiunta degli ingredienti in un’unica fase, fino a formare un impasto ben amalgamato ma non omogeneo, per poi essere rimpastato.

Il sistema indiretto invece prevede due fasi di lavorazione. Nella prima fase si prepara un composto a base di acqua, farina e lievito che può essere asciutto e quindi viene chiamato Biga, se invece questo impasto risulta semiliquido si chiama Poolish, e viene lasciato fermentare. Nella seconda fase, a questo primo “lievitino” vengono aggiunti tutti gli altri ingredienti.

In entrambe i sistemi (diretto e indiretto), una volta formato l’impasto, esso viene lasciato riposare. Dopo la fase di riposo viene suddiviso, dandogli la forma preferita e lasciato fermentare di nuovo per il tempo necessario.

Noi utilizziamo un sistema diretto lungo per la produzione del pane che accompagna i pasti nel nostro ristorante.

Secondo la nostra tradizione l’impasto prevede l’utilizzo di farina e acqua pari 1:2. Vale a dire che per il nostro impasto utilizziamo mezzo litro di acqua per ogni chilogrammo di farina (un mix di farina di grano tenero e di semola, esclusivamente di nostra produzione).

Dapprima facciamo sciogliere il lievito in acqua tiepida, nel frattempo mescoliamo per bene le farine e a poco a poco aggiungiamo l’acqua, lasciamo riposare per qualche minuto (giusto il tempo che si idrati bene), poi aggiungiamo l’olio, lo zucchero, e infine sale e lievito, fino formare un impasto ben amalgamato ed omogeneo. Lasciamo riposare l’impasto in un contenitore apposito chiuso, e dopo la prima fase di lievitazione (che, in questo sistema diretto lungo, dura circa 12 ore), lo suddividiamo in pagnotte, gli facciamo dei tagli trasversali sulla parte superiore e lasciamo nuovamente riposare le nostre pagnotte, coperte da un panno traspirante per circa un paio d’ore! 

Forno a legna

Terminata la seconda fase di riposo, le inforniamo nel forno a legna, che rende il pane ancor più aromatico e fragrante, con una temperatura intorno ai 220°/250°; le pagnotte restano in forno, rigorosamente chiuso, per un’ora circa. Una volta sfornato, lasciando un odore inconfondibile di buon pane cotto che si sparge dappertutto… lasciamo raffreddare il pane in un luogo fresco e asciutto.

Pane con la zucca

Il pane che produciamo è uno di quei pani detti speciali, poiché ogni giorno nell’impasto viene aggiunto un aroma diverso; infatti alterniamo giornalmente il pane alle olive (che, grazie agli oli rilasciati dalle olive, tende ad essere particolarmente morbido), il pane alle noci (uno dei pani più graditi dai nostri clienti!) e quello alle erbe, l’ultimo pane nato nel nostro ristorante, che nell’impasto ha una particolare aggiunta di un mix di erbe aromatiche (timo, rosmarino, santoreggia, origano, maggiorana, timo limone) che dona al pane un gusto unico e particolare.

Venite ad assaporare la freschezza e la genuinità dei nostri pani unici!

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Pasta fresca

Pasta fresca all’uovo e come nascono i nostri primi piatti

La pasta fresca
La pasta fresca

I primi piatti asciutti di pasta fresca, detti anche farinacei, si ottengono principalmente dalla lavorazione di farine ricavate dai cereali, e, fra tutti i farinacei, la pasta occupa un ruolo importante nella cucina italiana; non esiste infatti regione che non annoveri tra le proprie specialità almeno un primo piatto di pasta.

Questa importanza deriva dal fatto che, nell’alimentazione delle società rurali e povere, il piatto di pasta costituiva la parte fondamentale di un’unica portata; le paste infatti venivano condite con il sugo della carne o del pesce, oppure semplicemente abbinate a verdure e legumi (combinazione tipica della dieta mediterranea e nutrizionalmente corretta).
Le paste alimentari si possono classificare in paste secche, fresche (all’uovo o di grano duro), ripiene e gratinate.
Il nostro ristorante all’interno dell’agriturismo produce esclusivamente pasta fresca all’uovo, e paste ripiene, soprattutto negli eventi organizzati per banchetti, quali cerimonie e feste organizzate.
La nostra pasta fresca è un impasto ottenuto da una farina di grano tenero e di semola, prodotti dal nostro agriturismo e macinati dal vicino mulino Amiconi di Magliano dei Marsi, lavorato con uova di nostra produzione, grazie alle galline presenti nel pollaio che giornalmente producono circa una trentina di uova, consentendo così alla brigata della cucina di preparare piatti unici, freschi e genuini.

Le uova prodotte in casa

Essendo una pasta fresca, la nostra pasta non viene sottoposta al processo di essiccazione e la sua umidità può raggiungere anche il 30%, e viene conservata nelle nostre celle frigorifere per un massimo di cinque giorni, garantendo la freschezza del prodotto ogni settimana.
Le farine che utilizziamo, come già detto di nostra produzione, hanno delle caratteristiche particolari, e delle specifiche proprietà reologiche, che durante l’impasto, la lievitazione e la cottura sono fondamentali per la riuscita dei nostri prodotti. Ovviamente oggi parliamo della produzione della pasta all’uovo, ma non dimentichiamo che siamo produttori per uso ristorativo anche di pane, pizza e dolci (argomenti che tratteremo successivamente).

La nostra farina

Queste farine hanno una forza media (160-250W), permettendo un uso generico nella nostra cucina, grazie alla necessità media di liquidi che riescono ad assorbire (uova per pasta e dolci, acqua e olio per pane e pizza), dando così agli impasti specificità importanti quali: elasticità, estensibilità, tenacità e viscosità.
Secondo la nostra tradizione l’impasto prevede l’utilizzo di farina e uova pari 1:1.

Cosa vuol dire?

Noi, per i nostri impasti utilizziamo un uovo per ogni ettogrammo di farina. Questo tipo di impasto è utilizzabile per tutte le paste lunghe, le lasagne, i maltagliati (che nel nostro ristorante sono meglio conosciuti come Pezze, nell’esclusiva ricetta delle “Pezze del Timo”, che sono tra l’altro uno dei nostri piatti principi e più amati), e paste corte come i quadrucci. Per le paste ripiene invece (quali ad esempio: i ravioli, i cannelloni, gli agnolotti), l’impasto per essere ben lavorato, e soprattutto per evitare che si asciughi durante la preparazione, si lavora con un liquido maggiore affinché non risulti troppo duro evitando così la rottura durante la cottura.
L’impasto come vi ho anticipato è molto semplice, la cosa più importante però è la sua lavorazione.

La spianaoia

Una volta amalgamati per bene gli ingredienti, bisogna infatti lavorare con il palmo della mano la pasta per almeno 10 minuti in modo molto energico, infarinando di tanto in tanto la spianatoia (ovviamente di legno 12). Al termine della lavorazione l’impasto risulterà liscio ed omogeneo, abbastanza consistente ed elastico. Prima della stesura però l’impasto avrà bisogno di riposare per circa 20 minuti, coperto da una pelli

 

cola o comunque al riparo dall’aria, per evitare che si crei una crosticina fastidiosa poi per la stesura della pasta stessa. Al momento di dare il formato che si desidera, la pasta dovrà risultare né troppo morbida (perché tenderebbe ad attaccarsi) né troppo secca (perché tenderebbe a rompersi). Una volta che avete “tirato” la vostra sfoglia con il mattarello (operazione che richiede forza e abilità manuale) dandovi una sfoglia più rugosa, riuscendo tra l’altro a trattenere meglio il condimento, o con la sfogliatrice (che semplifica e velocizza il vostro lavoro); tagliate o modellate la pasta a seconda delle vostre necessità. Ricordatevi però che questa va lasciata ad asciugare senza sovrapporla, altrimenti attaccherebbe, e per evitare che si attacchi la si può cospargere con un po’ di farina. Queste sono delle piccole accortezze, ma che vi daranno degli ottimi risultati.
La pasta all’uovo già di per sé è ottima se presentata nei modi usuali, con condimenti anche molto semplici, come un sugo al basilico fresco, con delle erbe aromatiche (come ad esempio i nostri Tagliolini alle Erbe, che sono un bel mix di odori e sapori unici ed energici), o semplicemente con un condimento semplice di burro e parmigiano; ma raggiunge la sua massima succulenza quando in essa racchiude uno di quei ripieni che danno vita a piatti incredibilmente ricchi di fantasia e gusti squisiti, come i ravioli, i cannelloni, gli agnolotti, i tortellini con farce che possono essere a base di carne, formaggio, verdure o pesce; nel nostro caso prediligiamo i ripieni di formaggi, carni e verdure che sono di nostra produzione!
Non vi resta che provare i nostri accorgimenti e soprattutto venire a provare i nostri primi piatti di pasta all’uovo!

di Federica Iannola

 

Vi aspettiamo!

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