I tonnarelli alla melissa

Continuando il nostro viaggio tra le erbe aromatiche utilizzate da noi in cucina, come abbiamo già visto, abbiamo anche la melissa. Una pianta erbacea spontanea e perenne, della famiglia delle Labiateae, che cresce spontaneamente nell’Europa meridionale e nell’Asia occidentale.
Il nome “melissa” deriva dal greco e significa “ape”, e ciò potrebbe essere legato al fatto che il profumo della pianta attiri le api che ne succhiano il nettare. Le foglie della melissa sono caratterizzate da un aroma molto gradevole, simile al limone: anche per questo la pianta ha nomi popolari come “erba limona” o “erba cedronella”.
La melissa è utilizzata da migliaia di anni. Era infatti un elemento di cerimonie religiose nella civiltà di Efeso (nell’attuale Turchia), ed è citata come erba medicinale da Plinio il Vecchio. Durante il Medio Evo la melissa venne molto utilizzata come erba officinale, basti pensare che Carlo Magno ne ordinò la coltivazione nel giardino di ogni monastero del regno. L’alchimista Paracelso la definì elisir della vita e gli arabi la usavano come cura per la malinconia.
Infatti, steli, foglie e fiori della melissa vengono utilizzati anche in fitoterapia per le proprietà sedative, coleretiche, aromatiche, antivirali, antibatteriche e antinfiammatorie della pianta. Fiori e foglie essiccati vengono usati per preparare tisane, infusi e decotti. L’olio essenziale presente nelle foglie, in grado di rilassare il sistema nervoso, è inoltre molto utile in caso di mal di testa.
Le foglie di melissa (Melissa officinalis) hanno un aroma delicato e naturalmente dolce, che ricorda il limone e la menta, con un retrogusto rinfrescante. In cucina, le foglie fresche della melissa sono ottime per aromatizzare gelati e tisane, per arricchire insalate e insaporire ministre e carni, per aromatizzare piatti dolci e salati, salse, oli aromatici, marmellate e per preparare liquori casalinghi.
Con il suo aroma fresco e agrumato, è ottima sia in piatti a base di pesce e frutti di mare, che per mitigare l’aroma intenso di agnello e legumi.
La melissa è un ottimo accostamento per molte altre erbe aromatiche: perfetta con diverse varietà di menta, si sposa molto bene anche con il coriandolo fresco, di cui può mitigare l’aroma troppo intenso.
Noi abbiamo impiegato la melissa in un primo piatto fresco e tutto estivo, i tonnarelli alla melissa!
Ecco a voi la ricetta…
Tempo di preparazione: 15 minuti
Difficoltà: facile
Ingredienti per: 4 Persone

– 450 gr di tonnarelli
– 2 limone
– qualche foglia di melissa
– 10 gr burro
– 1 dl panna da cucina
– 1 cipolla bianca media
– sale
– pepe nero macinato

Procedimento:
Cuocete i tonnarelli al dente (la ricetta dei tonnarelli freschi potete trovarla nell’articolo “come fare la pasta fresca all’uovo”). Nel frattempo, grattugiate la scorza dei limoni e spremetene metà mettendo da parte il succo. Fate appassire nel burro la cipolla sbucciata e tritata finissima e appena ha raggiunto il colore dorato aggiungete il succo di limone. Fate ritirare, mescolando di continui e poi versate la panna, mescolate e aggiungete i tonnarelli appena scolati e fate saltare per un attimo a fiamma viva.
Spegnete il fuoco, unite la melissa tagliuzzata finemente, la scorza di limone grattugiata, e spolverizzate di pepe appena macinato, mantecate per qualche secondo e servite… ovviamente guarnendo con una foglia di melissa fresca!

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

I tagliolini agli asparagi

Approfittiamo di uno degli ortaggi di stagione più versatili in cucina, per un primo piatto dalla cremosità irresistibile: i nostri tagliolini agli asparagi.

Difficoltà: facile
Tempo di preparazione: 30 minuti
Ingredienti per: 4 persone
Tagliolini 500 g (puoi trovare la ricetta per fare i tagliolini nell’articolo su come fare la pasta)
Asparagi da pulire 400 g
Panna fresca liquida 150 g
Porro fresco 100 g
Olio extravergine d’oliva 2 cucchiai
Aglio 1 spicchio
Pepe nero q.b.
Timo q.b.

Come preparare i nostri tagliolini:
Per prima cosa mettete a bollire l’acqua in una pentola per far cuocere la pasta.
Iniziate poi a preparare gli asparagi: tagliando via la parte bianca più coriacea, pelate i gambi così da togliere i filamenti più duri, una volta puliti otterrete circa 300 g di asparagi, tagliateli a rondelle e lasciate da parte le punte.

Affettate finemente il porro e fatelo rosolare sul fuoco con dell’olio e uno spicchio d’aglio, aggiungendo poca acqua calda per non far asciugare troppo il soffritto. Eliminate l’aglio, e nel frattempo cuocete i tagliolini nell’acqua bollente, cuoceteli al dente, perché poi finiranno di cuocere direttamente nella salsa.
Proseguite intanto con la preparazione della salsa, e nella padella aggiungete quindi gli asparagi a pezzetti, salate, pepate e proseguite la cottura per alti 7-8 minuti, a questo punto versate la panna e lasciate amalgamare cinque minuti. Una volta trascorso il tempo di cottura frullate il tutto con il frullatore, fino ad ottenere una crema vellutata.

In una padella a parte mettete a rosolare le punte degli asparagi con un filo d’olio, rosolateli fino a che non saranno ben croccanti.
Lasciate restringere il condimento per un minuto, quindi scolate direttamente i tagliolini nella salsa, mescolate per insaporire e aromatizzate con del pepe. Spadellate ancora qualche istante e poi servite ben caldi i tagliolini con una spolverata di timo fresco e le punte degli asparagi rosolate.

 

 

Consiglio
Con l’aggiunta di qualche scaglia di parmigiano darete un tocco di sapore in più al vostro piatto!

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Gli asparagi

L’arrivo della Primavera è atteso con trepidazione da tutti gli amanti della Natura e, in modo particolare, dagli appassionati ricercatori di Asparagi selvatici. In effetti, una vera prelibatezza!
Gli asparagi sono ortaggi primaverili teneri e succulenti, estremamente ricchi di proprietà benefiche. Essi rappresentano una varietà perenne, la cui coltivazione in Europa ebbe inizio oltre mille anni fa.
L’Italia, insieme alla Francia ed alla Germania, ne è uno dei maggiori produttori a livello europeo. Scegliere di consumare asparagi significa dare la propria preferenza ad alimenti locali e di stagione, oltre che ricchi di proprietà benefiche utili a proteggere il nostro organismo dalle malattie.
Gli asparagi sono:
• Ricchi di vitamine
• Ricchi di Sali minerali
• Ricchi di fibre
• Depurano l’organismo e sono diuretici
• Sono antiossidanti
• Contribuiscono al buon funzionamento del sistema nervoso
• Sono antinfiammatori naturali
• Aiutano la digestione e migliorano le funzioni intestinali
Proprio grazie a tutte le loro proprietà, mangiare asparagi ci consente di ottenere una serie di benefici: tenere a bada la glicemia, assumere una buona dose di vitamine e sali minerali, avere un effetto diuretico e depurativo sull’organismo.

La varietà più comune degli asparagi è costituita da ortaggi di colore verde scuro o verde chiaro ma, a seconda delle zone d’Italia, possiamo trovare asparagi di colore bianco, rosa e viola. L’asparago bianco, che germogliando interamente sottoterra (e quindi in assenza di luce) ha un sapore delicato.
L’asparago violetto, dal sapore molto fruttato, è in realtà un asparago bianco che riesce a fuoriuscire dal suo sito e, vedendo la luce, quindi a sua volta attuando la fotosintesi, acquista un colore lilla abbastanza uniforme, ed ha un leggero gusto amaro.
L’asparago verde che germoglia alla luce del sole come quello violetto, ha però un sapore marcato e il suo germoglio possiede un gusto dolciastro. È il solo asparago che non ha bisogno di essere pelato; proprio come quello che troviamo in Abruzzo, dove è diffuso in modo particolare negli ambienti di macchia mediterranea e nei boschi termofili dalla pianura sino alla media collina.
È inoltre bene differenziare tra l’asparago coltivato (Asparagus officinalis) e l’asparago selvatico (Asparagus acutifolius) conosciuto anche come asparagina, la cui presenza può essere individuata in aree di campagna, pascoli e boschi.
In cucina si utilizzano i germogli verdi o bianchi dell’asparago, e per la loro preparazione, occorre tagliare le estremità legnose dell’asparago e togliere eventualmente la pelle bianca fino a 4 cm sotto il germoglio, od oltre nel caso di asparagi vecchi o particolarmente grandi.
L’asparago per essere consumato viene prima lessato con acqua salata per breve tempo oppure cotto a vapore; il tempo di cottura tipico per gli asparagi è di circa 5 minuti, nonostante possa variare a seconda dello spessore. Dato che il germoglio è più delicato della base dello stelo, i risultati migliori si ottengono legando insieme non troppo stretti gli steli in modo che solo la parte inferiore sia cotta in acqua bollente, mentre i germogli, fuoriuscendo dall’acqua, subiranno una cottura a vapore. Per preservarne il colore vivo gli asparagi verdi (così come per quasi tutte le verdure verdi) si possono raffreddare in acqua molto fredda immediatamente dopo la cottura.
L’asparago può essere servito in varie maniere e, a seconda delle tradizioni locali, esistono diverse preparazioni tipiche. Gli asparagi verdi in Italia sono spesso serviti facendoli saltare in padella previa lessatura, semplicemente con burro o burro e parmigiano (“asparagi alla parmigiana”). Inoltre, possono venire accompagnati da uova al burro e formaggio grattugiato o sode. Ma, gli asparagi possono essere usati per preparare risotti, zuppe, mousse o in vellutate, e sprigionare la propria fantasia!

Noi abbiamo proposto i tagliolini agli asparagi, un primo piatto ricco di gusto, ma soprattutto semplice e veloce da preparare!

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Il nostro Hamburger Vegano

La dieta vegana, o meglio la filosofia alimentare adottata dai vegani, prevede che non si mangino carne e pesce, come nella dieta vegetariana, ma in più non sono consumati neppure derivati dagli animali come ad esempio uova e formaggi. Alla base di questa scelta c’è il rispetto totale nei confronti degli animali e il rifiuto di qualsiasi violenza perpetrata ai danni degli esseri viventi.
Noi abbiamo creato dei piatti esclusivamente vegani, per cercare di andare incontro alle esigenze dei nostri clienti. Uno dei nostri piatti vegani è l’hamburger, accompagnato da chips di patate (di nostra produzione), e una bruschetta al pomodoro.
Con un contorno di patatine quindi e con le salse giuste nessuno può resistere a un buon hamburger vegano! Gli hamburger vegetali, che non sono altro che delle grandi polpette schiacciate, sono un piatto semplice, ma che può essere sempre molto originale da preparare dando spazio alla creatività e alle infinite combinazioni di sapori.
Le variazioni sono praticamente infinite: la scelta da prediligere è quella di creare un hamburger dall’apporto di nutrienti bilanciato. Per un pieno di proteine, gli hamburger di quinoa e lenticchie sono perfetti, oppure una combinazione di seitan e fagioli rossi, o ancora tofu e spinaci. Se invece si vogliono mangiare le verdure in modo diverso, gli hamburger sono una variante decisamente sfiziosa: pensiamo agli hamburger di zucchine, di cavolfiore o di melanzane solo per farne alcuni esempi.
Noi per i nostri hamburger vegani abbiamo introdotto nella nostra cucina la quinoa, una pianta originaria del Sud America, dal sapore e la consistenza eccezionale, un ottimo energizzante naturale. È un finto cereale che fa molto bene, nutre tanto e ingrassa poco! Si tratta di piccoli semini simili a quelli di sesamo, ma tondi, che cuocendosi si gonfiano diventando una specie di cous cous molto leggero.
Potete utilizzare la quinoa per preparare delle fantastiche zuppe di verdure, legumi e cereali o per arricchire un’insalata fredda, oppure proprio per gli hamburger vegani, come facciamo noi!

Difficoltà: facile
Tempo di preparazione: 30 minuti
Ingredienti per 4 hamburger vegani:
– 100 gr di quinoa
– Un cucchiaio di semi di chia
– 250 gr di zucchine
– 130 gr di patate
– 130 gr di carote
– 2 cucchiai di pangrattato
– Sale e pepe

Procedimento:
Come primissima cosa, preparate la quinoa. Mettetela in uno scolino e lavatela sotto il getto dell’acqua corrente. In una casseruola fate bollire 200 ml di acqua. Aggiungete la quinoa, fatela bollire a fuoco dolce per 10 minuti. Passati i 10 minuti, aggiungete i semi di chia e lasciate cuocere per altri 5 minuti. Spegnete il fuoco e lasciate riposare per 5 minuti.
Fate bollire la carota, la patata e la zucchina che avete precedentemente tagliato a tocchetti, devono cuocere finché non saranno molto morbide.
In una ciotola, schiacciate bene con una forchetta le verdure, aggiungete la quinoa, un pizzico di sale, il pepe e il pangrattato. Impastate bene con le mani fino a raggiungere un composto omogeneo ed uniforme.
Formate 4 palline con le quali formerete 4 hamburger, semplicemente schiacciandoli leggermente.
Se preferite una cottura light, il forno è il metodo più indicato. La cottura consigliata è a 180° (max 200°), su una leccarda ricoperta con carta forno, in forno statico, in modo che gli hamburger non si secchino, fino a quando non si saranno dorati da entrambe le parti. Altrimenti, se avete voglia di qualcosa di più goloso, potete cuocerli in padella con un filo d’olio extravergine d’oliva per 5/6 minuti per lato, fino a quando non si sarà formata una leggera crosticina. Per ottenere una via di mezzo invece, per non sentirci troppo in colpa friggendo, prima di infornare gli hamburger potete spennellarli in superficie con un po’ d’olio.

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Lo zafferano, una spezia d’oro

Le spezie e lo zafferano

Con il termine “spezie” si indicano alcune sostanze (o miscele di sostanze) ricavate da semi, frutti, gemme, cortecce o radici di piante esotiche, perlopiù provenienti dall’Oriente, dai sapori assai forti e, in molti casi, addirittura piccanti. In commercio si trovano, nella maggior parte dei casi, essiccate e macinate e, se conservate in contenitori ermetici, al riparo dalla luce, sono in grado di mantenere i loro aromi anche per un intero anno.

Molto utilizzate anche in occidente nel periodo delle grandi scoperte geografiche, soprattutto delle classi più abbienti che, offrendole nei loro banchetti, ostentavano la propria ricchezza dimostrando di potersele permettere (erano infatti molto costose), le spezie hanno conosciuto, nella nostra cucina, un lungo periodo di quasi assenza per tonare “di moda” negli ultimi anni grazie all’avvicinamento di nuove tradizioni e di una mescolanza etnica sempre più varia che ha introdotto, anche in Europa, pietanze e sapori appartenenti ad altri Paesi.

Il loro pregio, sia nel passato che nel presente, è legato, oltre al piacere che possono conferire al palato, anche alle loro virtù curative che da sempre sono state sfruttate in campo erboristico. Pare, infatti, che molte di queste sostanze sono utili nella cura di numerosi disturbi dell’apparato digestivo e riescano, quindi, a conferire maggiore digeribilità anche ai piatti nei quali vengono impiegati.

Molte di queste sostanze hanno anche altri usi, non solo utilizzate nel campo erboristico, ma anche per la preservazione del cibo, in rituali religiosi, cosmesi o profumeria. Ad esempio, la curcuma è usata anche nell’ayurveda; la liquirizia ha proprietà officinali; l’aglio viene usato come vegetale nella cucina.

Una delle spezie che utilizziamo maggiormente nei piatti della nostra cucina è lo zafferano, una spezia che viene prodotta a Rosciolo di Magliano, da un nostro compaesano e amico Riccardo Federici, che con la sua omonima azienda agricola partecipa alla rete di imprese agricole “Green Farms” di cui siamo membri. I suoi prodotti “Zafferano Bio in stimmi di Avezzano e Magliano dè Marsi” sono di qualità eccellente e genuina.

Lo zafferano è una pianta di origine orientale, della famiglia delle Iridaceae, coltivata in Asia minore e in molti paesi del bacino del Mediterraneo. In Italia le colture più estese si trovano nelle Marche, in Abruzzo (lo zafferano dell’Aquila è conosciuto nel mondo intero con la sua produzione nell’Altopiano di Navelli) e in Sardegna. Dallo stimma trifido si ricava la spezia denominata “zafferano”, utilizzata in cucina e in alcuni preparati medicinali. Il fiore color violetto fiorisce per un breve periodo di due settimane in autunno. Ogni fiore ha solo tre stimmi gialli che devono essere colti manualmente all’alba, prima che il sole sia troppo alto. I fiori generalmente si scartano, oppure vengono fatti essiccare e utilizzati come decorazione per i piatti (proprio come facciamo noi), mentre gli stimmi vengono essiccati. In questo processo si perde l’80% del peso, ma l’intensità del sapore (leggermente amarognolo) ci guadagna molto. Sono necessari circa 200.000 fiori per ottenere un kg di stimmi di zafferano. Si trova in commercio macinato o in stimmi interi. È consigliabile utilizzare gli stimmi filiformi mettendone a bagno un pizzico in acqua tiepida per sviluppare colore e aroma, prima di aggiungerli alle vivande della fase terminale di cottura. Va conservato in recipienti a chiusura ermetica e lontano dalla luce.

Lo zafferano si unisce bene con il riso (quello alla milanese è un classico, o la paella alla valenciana), zuppe di pesce, salse, budini e dolci di riso di origine orientale e, in genere, per colorare impasti, ripieni e salse.

Nel menù di questa settimana ci saranno alcuni piatti con protagonista proprio lo zafferano, piatti che presenteremo per la serata del 14 febbraio in occasione di San Valentino, ma che proponiamo durante tutto l’anno in diverse pietanze. Come potevamo farci scappare l’occasione di aggiungere ai nostri piatti un tocco di colore, genuinità e sapore unico? Tra questi piatti abbiamo i tonnarelli con speck e zafferano, e la faraona allo zafferano.
Oggi vi regalerò la nostra ricetta dei tonnarelli con speck e zafferano.

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Fare il pane di solina

Proseguendo il nostro viaggio su come fare il pane, oggi paleremo di un pane dal sapore antico! Un pane preparato con un grano macinato a pietra e che è davvero molto particolare: il grano di solina.

Il grano di Solina è una varietà di frumento tenero molto antica: fonti storiche (in particolare atti notarili di compravendita stipulati presso la fiera di Lanciano) testimoniano la sua coltivazione in Abruzzo all’inizio del XVI secolo. Caratteristico delle zone montane e marginali del Gran Sasso, specie la parte interna del massiccio sul versante aquilano, ma anche nella Marsica, nell’altopiano delle Cinquemiglia e in tutta l’area dell’appennino abruzzese, dove il freddo e le quote elevate permettono di ottenere un risultato qualitativo eccellente. In grado di resistere a lungo sotto la neve e al freddo intenso, può essere coltivato dai 600 ai 1400 metri e oltre. Anzi, maggiore è l’altitudine, migliore è la qualità!
Esistono detti popolari che testimoniano la stretta connessione tra questa varietà e la vita della gente abruzzese. Si dice, ad esempio, “quella di solina aggiusta tutte le farine”, oppure “se il contadino vuole andare al mulino, deve seminare la solina”. Un tempo era apprezzata soprattutto per la costanza produttiva, che garantiva la sopravvivenza delle famiglie contadine.

Il grano Solina ha un basso contenuto di glutine, un tenore proteico elevato, ed è l’ideale per praticare il metodo dell’agricoltura biologica.

Dal grano tenero di Solina si ricava una farina morbida al tatto, poco tenace, di colore chiaro e dal particolare profumo di montagna, e facilmente lavorabile a mano. Viene lavorato per ottenere la farina per i prodotti di panificazione artigianale, in particolare il pane casereccio, la pasta fatta in casa e la pizza.

Abbiamo voluto provare al naturale questa farina, senza l’aggiunta di altre farine, che avrebbero compromesso la resa di un pane genuino e autentico! Abbiamo quindi ottenuto un pane semplice fatto solo di farina integrale di grano di solina, lievito, sale, miele e acqua.

Tempo di preparazione: 15 ore tra riposo e lievitazione1 ora di preparazioneDifficoltà: media
Dosi per: 4/6 persone
Ingredienti:
700g di farina integrale di solina
400g di acqua
Un cubetto di lievito di birra
10 g di sale
1 cucchiaino di miele

Procedimento:
Questo tipo di impasto, essendo molto rustico e granuloso, ha bisogno di un po’ più di acqua rispetto al pane che facciamo solitamente.
Utilizziamo come nell’impasto classico, un impasto diretto, quindi mettiamo tutti gli ingredienti nella planetaria e la facciamo girare per qualche minuto, controlliamo che l’impasto non si attacchi troppo alle pareti (questo tipo di grano è molto grezzo e presenta anche tracce di crusca) e facciamo incordare l’impasto impastando per 10 minuti circa.
Prendiamo poi l’impasto, lo mettiamo su un piano da lavoro infarinato e gli diamo qualche piega a mano dandogli una forma di pagnottina, lo mettiamo a lievitare in un recipiente apposito coperto con la pellicola, e lo lasciamo in frigo tutta la notte.
La mattina seguente riprendiamo l’impasto, aspettiamo che arrivi a temperatura ambiente lasciandolo lievitare, ci vogliono circa 3 ore.
A questo punto riprendiamo l’impasto, e gli diamo la forma della pagnotta, lo mettiamo di nuovo a lievitare, direttamente su carta da forno, nei testi che andranno poi direttamente nel forno a legna, preriscaldato ovviamente, con una temperatura che si aggira intorno ai 220°. Prima di infornare facciamo dei tagli sulla pagnottina. Inforniamo e lasciamo il forno chiuso per 50 minuti.

Una volta trascorso questo tempo, il pane avrà un bel colore in superficie, apriamo il forno e lo lasciamo raffreddare.

Per avere un bel colore chiaro/scuro sulla superficie del pane basta fare il taglio sul pane (a croce o a strisce) subito prima di infornarlo. Appena fatti i tagli spolverate con la stessa farina la superficie, cosicché, quando il pane (con il calore del forno) si apre, cuocerà la parte dei tagli (che si apriranno in cottura), senza la farina, di un bel colore scuro, mentre le parti in cui avrete messo la farina rimarranno chiari.

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Nuovo menù, più vegetariano, meno glutine, sempre più biologico.

Senza lattosio

Sia i ristoranti che i consumatori sembra si siano stancati della parola “biologico“, in gran parte perché la parola è stata usata eccessivamente e si è molto ridotta rispetto al suo significato che rimane, tuttavia, un simbolo di un’alimentazione sana e desiderabile.
Ma non basta parlare di biologico per fare affermazioni etiche nei menu dei ristoranti, oltre ad affermarlo lo si deve praticare davvero. Produrre ortaggi in un orto biologico è alla portata di tutti, ma garantire per gli ingredienti utilizzati per preparare i piatti del ristorante è un’altra cosa.
Quando si producono direttamente i propri ingredienti però, è tutta un’altra cosa. In questo caso si ha la garanzia di genuinità.

Vegetariano

Ascoltiamo molto le opinioni dei nostri clienti, e sempre più di voi stanno mostrando interesse per stili di vita sia biologici ma anche vegetariano, senza glutine, e non solo.
Siete in molti ad aderire a questi modelli alimentari, sia spinti da considerazioni ideologiche, di necessità, o soltanto perché ritenete che sono diete particolarmente efficaci e salutari.

E se c’è qualcosa che possiamo fare per migliorare la qualità del nostro cibo, lo facciamo e nessun costo è proibitivo.

Con questo presupposto abbiamo inserito moltissime pietanze vegetariane, senza glutine, alcune anche senza lattosio e vegane. Antipasti, primi, secondi

Senza Glutine

, piatti unici e anche i dolci! Produciamo direttamente gli ingredienti che utilizziamo, dal grano usato per la pasta e la pizza, le uova, gli ortaggi, i nostri allevamenti. Quello che non produciamo lo riceviamo dalle fattorie del posto. Abbiamo fondato con loro una rete di fattorie, le “Green Farms”. Facendo abbiamo così una garanzia senza precedenti sulla provenienza e la genuinità di tutto quello che mettiamo sulla nostra tavola. Stiamo anche lavorando per aumentare la disponibilità di farine, come quella di grano saraceno, di ceci, integrale.

Con il nuovo menù vogliamo continuare ad offrire cibo genuino e salutare, abbiamo rielaborato le ricette dei nostri

Vegano

piatti e siamo arrivati a preparare 18 portate senza glutine, di cui 11 senza lattosio e 8 totalmente vegetariane mantenendo invariata la nostra abitudine ad utilizzare solo ingredienti freschi.

Vi spieghiamo anche come le prepariamo! Scorrendo il menù, potrete leggere le ricette che utilizziamo per preparare i nostri piatti.

Nel nuovo menù, disponibile anche online, sarà facile capire quali pietanze fanno al caso vostro, potrete affidarvi ad alcuni semplici simboli di riconoscimento da seguire.

Cuciniamo genuino, coltiviamo biologico

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Come riconoscere il miele di qualità

Il miele è un prodotto alimentare antinfiammatorio così saporito quanto sano.

Secondo l’ultimo studio del 2016 della Commissione sull’attuazione dei programmi a sostegno dell’apicultura, l’Europa è il secondo produttore al mondo di miele e in Italia vengono prodotti 23.000 delle 250.000 tonnellate di miele che si producono in tutta l’UE.

Noi, con le nostre 90 arnie (circa) contribuiamo a produrre circa 1500 Kg di miele all’anno.

Se in termini percentuali aumenta il numero delle colonie di api, diminuisce invece (-4%) quello degli allevatori.
In particolare la Commissione Ue rileva tra gli elementi critici il peggioramento delle condizioni di produzione, l’aumento dei costi di produzione e la crescita delle importazioni di miele a basso costo dai paesi terzi creano una situazione di sempre maggiore concorrenza.
Rispetto agli altri Paesi europei il consumo di miele in Italia è comunque molto basso, se si considera che la media europea è intorno ai 700 grammi e i tedeschi e i greci consumano ogni anno oltre un chilo di miele.
Fuori dall’europa, questo dolce nettare è l’esportazione più importante di diversi paesi come ad esempio Cuba, davanti a zucchero e caffè, secondo l’ONU. A Cuba, il miele è apprezzato per il suo valore culinario, medicinale e spirituale. Quando ordinate il caffè qui all’Avana, il miele viene spesso presentato insieme allo zucchero. Questa pratica risale alla lotta per l’indipendenza del 1860, quando la produzione di zucchero è stata ridotta, e il popolo cubano ha da tempo riconosciuto i benefici per la salute del miele rispetto allo zucchero.

Sempre secondo il rapporto, nel nostro paese è stato rilevato un aumento nell’importazione del miele prima dalla Romania (che ne produce 34.999 tonnellate) e poi dalla cina (primo produttore mondiale di miele).

Tali importazioni stanno generando un divario di mercato per via dei prezzi più bassi rispetto al miele prodotto in Italia.

In generale il prezzo del miele è in forte ascesa dal 2001 ed è raddoppiato nel corso degli ultimi 7 anni (come viene rilevato da questo rapporto della UNA_API del 2014). Sembra che anche questo fattore, unitamente all’aumento della domanda interna, stia agevolando l’importazione da altri paesi. A causa della diversa regolamentazione sulla tracciabilità e sulla valutazione qualitativa dei paesi esteri di produzione (a volte inestistente) la stessa qualità del miele prodotto all’estero viene costantemente messa in discussione.

La qualità del miele

A fare la qualità del miele concorrono numerosi aspetti ed i primi elementi di qualità sono la genuinità e la salubrità del prodotto. Secondo la legge Italiana, è considerato miele solo il prodotto che sia fatto dalle api a partire da nettare o da melata: non esistono, in altre parole, mieli “artificiali” o fatti con lo zucchero; prodotti del genere non possono essere legalmente commercializzati.
Niente conservanti, quindi, non ce ne sarebbe bisogno, ma neanche coloranti o aromatizzanti: l’aroma e il colore del miele sono quelli che gli derivano dalle piante bottinate dalle api.
Tra i prodotti alimentari il miele è anche uno di quelli che può dare maggiori garanzie riguardo alla presenza di eventuali residui di sostanze estranee: anche in questo caso è la legislazione, con norme restrittive, a fare da guardiana alla salute pubblica, ma è la sua stessa natura ad assicurare la necessaria salubrità.

Un tema diverso invece è quello che riguarda “le miscele” di miele che sono un mix di diverse tipologie di miele che servirebbero, tra le altre cose, a mantenere il miele in forma liquida.

Come riconoscere mieli di qualità

Un criterio di qualità, è la buona conservabilità del prodotto, che è collegata a un basso contenuto d’acqua. In questo caso è l’apicoltore, o comunque chi commercializza, a selezionare i mieli in modo da garantirne la qualità sotto questo punto di vista. La legge, in questo caso, è molto permissiva, ma è anche interesse del produttore non mettere in commercio prodotti che rischiano di fermentare proprio per la presenza di acqua. I mieli fermentati si riconoscono facilmente già dall’aspetto schiumoso, con bolle di gas inglobate ed un’eventuale separazione tra la componente liquida e quella solida.

Separazione in fasi

Un sintomo di invecchiamento e di conservazione a temperatura eccessivamente elevata è la separazione di fasi, cioè l’evidenziazione di uno strato di miele liquido alla superficie del prodotto cristallizzato.

Il processo di cristallizzazione è un processo naturale ed avviene per diversi fattori.
Il primo è il rapporto fra glucosio e acqua. Tutti i mieli sono costituiti da circa un 18% di acqua. In quest’acqua è disciolto il 70% circa di zuccheri monosaccaridi (fruttosio e glucosio) in percentuali a loro volta variabili. Si tratta quindi di una soluzione sovrassatura, ossia una soluzione nella quale la concentrazione del soluto (gli zuccheri) supera quella che il solvente (l’acqua) può contenere stabilmente, sicché il glucosio tenderà a separarsi dal solvente precipitando sottoforma di cristalli.
Un secondo fattore che consente la cristallizzazione è il rapporto fra fruttosio e glucosio. Se il fruttosio predomina sul glucosio banalmente il miele tenderà a rallentare il processo di cristallizzazione restando a lungo liquido (si pensi al caso dell’acacia o del castagno).
Al contrario, mieli nei quali la percentuale di glucosio è più alta (ad esempio gli agrumi e molti millefiori primaverili, il trifoglio, il girasole, timo, santoreggia etc.) avranno rapidi fenomeni di cristallizzazione. Naturalmente l’innesco della cristallizzazione avviene già nel momento dell’estrazione a freddo del miele, che agitando i cristalli ne facilita lo sviluppo, ma possiamo anche dire che la cristallizzazione è accelerata dalle basse temperature.

Cosa fare quando il miele si è cristallizzato?

Si può certamente riscaldarlo, anche a bagno maria, o più semplicemente tenendolo per qualche minuto fra le mani e rimescolandolo con un cucchiaio, o ponendolo per pochi minuti a contatto con una fonte di calore come un termosifone. In alternativa basta metterlo in freezer quando è ancora liquido, per bloccare la precipitazione dei cristalli.
Noi preferiamo consumarlo così come si presenta.
Infatti, anche i prodotti che hanno subito dei trattamenti termici devono essere considerati impoveriti rispetto agli equivalenti non riscaldati. E’ meglio diffidare quindi dei prodotti che vengono presentati allo stato liquido in una stagione in cui sarebbe lecito immaginarli già cristallizzati, a meno che non si tratti di robinia (acacia), castagno o melata: con ogni probabilità sono stati rifusi.
E’ bene ricordare che sia la fusione che la pastorizzazione non hanno alcuno scopo igienico-sanitario e danneggiano irreparabilmente il prodotto, distruggendone la carica enzimatica.

Il miele e le sue proprietà benefiche

Miele di acacia

Sin dai tempi antichi il miele è diventato il concetto di cibo come medicina. Per i Sumeri oltre 4.000 anni fa per il suo uso come unzione e medicina. Il miele contiene vitamina C, complesso vitaminico B e minerali chiave come ferro, calcio e magnesio.

Il miele è ricco di proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.

È stato dimostrato che il miele riduce l’infiammazione, ad esempio COX-2. Contiene molti potenti composti anti-infiammatori chiamati flavonoidi, come la quercitina.
Il miele è un alimento base nella medicina tradizionale e è naturale.
Tra le principali proprietà riconosciute al miele, ricordiamo:
1) Sedativo della tosse
Secondo gli studi effettuati da parte degli esperti della Tel Aviv University, il miele può essere considerato come un sostituto dei comuni sciroppi per la tosse e somministrato la sera prima di coricarsi nella dose di un cucchiaino, come se si trattasse di un vero e proprio farmaco. I medici hanno potuto rendersi conto nel corso di una simile sperimentazione di come esso possa essere realmente efficace nel sedare la tosse, senza bisogno di ricorrere ad altri medicinali.
2) Proprietà antibiotiche
Le proprietà antibiotiche del proprietà antibiotiche del miele applicato sulla pelle per uso topico erano ben conosciute da parte della medicina naturale tradizionale, ma furono presto dimenticate da molti con l’arrivo della penicillina e di pomate farmaceutiche per la cura di ustioni ed abrasioni. Secondo uno studio effettuato in Nuova Zelanda, il miele, con particolare riferimento alla varietà “Manuka”, conterrebbe una quantità di perossido di idrogeno che ne renderebbe benefica l’applicazione come antibiotico e disinfettante su piccole lesioni della pelle.
3) Proprietà antinfiammatorie
Tra le proprie numerose caratteristiche ritenute benefiche per la salute, il miele presenta inoltre delle proprietà antinfiammatorie che rendono la sua applicazione adatta in caso di punture di insetti, con particolare riferimento alle punture di zanzara. Le proprietà antinfiammatorie del miele permetterebbero infatti di alleviare il prurito ed il rossore provocato dal contatto degli insetti con la nostra pelle.
4) Contenuto di antiossidanti
Il miele è considerato come un alimento funzionale ricco di polifenoli, degli antiossidanti naturali che possono aiutare il nostro organismo nella prevenzione di numerose malattie e nel rallentare i processi di invecchiamento che lo coinvolgono con il trascorrere del tempo. Il miele è ritenuto in grado di proteggere l’organismo umano dall’azione svolta dai radicali liberi e di giovare inoltre alla salute del cuore.
Bisogna tuttavia tenere conto di come alcuni pediatri preferiscano vietare che venga somministrato miele ai bambini di età inferiore ad un anno per i pericoli legati alle infezioni della tossina botulinica.

In sintesi, il miele merita di entrare tutti i giorni nelle nostre tavole ma è importante assicurarsi che sia di buona qualità.

Puoi acquistare il nostro miele qui

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]