Torta ai lamponi

Un dolce goloso scenografico ottimo anche per feste di compleanno!
1h
facile
Dosi per 12 persone
[addtoany]
INGREDIENTI

Ingredienti
170g farina
150g zucchero
125ml latte
75g burro
50g cacao amaro in polvere
30g fecola
4 uova
1 bustina di lievito
Crema al mascarpone:
250g mascarpone
200g panna da montare
50g zucchero a velo

di Giusy Pietrangeli

PREPARAZIONE

In una ciotola lavorate il burro morbido con lo zucchero fino ad ottenere una crema, aggiungete i tuorli uno alla volta mescolando bene. Unite la farina, il cacao, la fecola e il lievito setacciati e amalgamate bene gli ingredienti. Aggiungete gli albumi montati a neve con un pizzico di sale. Mescolate delicatamente per non smontare il composto e infornate a 180° per 45 minuti

Crema al mascarpone:
In una ciotola mescolate lo zucchero a velo con il mascarpone.
Montate la panna ben soda e aggiungete la crema di mascarpone mescolando delicatamente per non smontare la panna.

Tagliare a metà la torta al cioccolato ormai fredda, farcirla con la nostra marmellata bio ai lamponi. 
Spalmare poi su tutta la superficie la crema di mascarpone preparata , guarnire poi tutto intorno con i togo e sopra i nostri lamponi bio, una spolverata di zucchero  e servitela ai vostri ospiti.

LE VARIANTI DEL TIMO

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Codiaeum (Croton)

Codiaeum variegatum  o Croton – Codiaeum variegatum

La pianta

La Codiaeum variegatum var. pictum conosciuta con il nome comune di Croton è una pianta arbustiva sempreverde appartenente alla famiglia delle Euphorbiaceae. La pianta ha origini dalle zone dell’Est Asiatico ed è molto diffusa nel territorio della Malesia.

Questa varietà è molto apprezzata per il suo fogliame riccamente screziato con sfumature di vario colore. Le foglie possono avere varie dimensioni, hanno un colore principale che è il verde scuro e sono ricoperte da screziature e nervature colorate di verde più chiaro, bianco, rosa, giallo, rosso e arancione. La lunghezza delle foglie può arrivare fino a 30cm, la loro forma è ovata o lineare hanno un aspetto e una consistenza coriacea.  Durante il periodo estivo la pianta produce dei fiori larghi circa 5mm di colore bianco.  La coltivazione del Croton viene fatta tranquillamente in appartamento grazie alla sua dimensione ridotta e soprattutto per le sue particolari esigenze di coltivazione. Le dimensioni massime che raggiunge coltivandola in vaso sono circa 60cm e l’estensione è approssimativamente di 50cm.  Diversamente coltivandola in serra la pianta può raggiungere dimensioni notevoli anche di 3 metri.

Tipo di Terreno

Il terreno più adatto alla pianta di croton è un composto ben poroso, drenato e ricco di sostanza umifera. Il terriccio deve comprendere anche una buona parte di materiale drenante come lapillo lavico o argilla espansa.

L’Esposizione

Per quando riguarda la giusta esposizione del Croton bisogna tenere a mente che per produrre un fogliame di qualità e con ricche sfumature necessita di un’intensa luminosità ambientale. Per questo motivo la sua collocazione ideale è si in un ambiente al chiuso, ma ben illuminato e con luminosità indiretta. La pianta di croton cresce al meglio in prossimità di una finestra anche con luce solare diretta.

Nel periodo estivo tuttavia è consigliabile ridurre l’intensità luminosa filtrando la luce esterna con una tenda in modo da evitare un eccessivo inaridimento del substrato di coltivazione.

Accorgimenti colturali

Per far crescere la pianta al meglio è molto importante evitare i bruschi sbalzi termici che a volte si verificano in appartamento. Nel periodo invernale è opportuno spostare la pianta in un luogo dell’abitazione più caldo e meno esposto a possibili correnti di aria gelide. Temperature basse o venti freddi possono portare ad un immediato arresto della crescita della pianta. La temperatura minima nel periodo invernale non dovrebbe scendere mai sotto i 16 gradi. Evitare però di tenerla in un ambiente troppo secco, la pianta necessita comunque di un umidità media che non deve mai mancare. Non collocarla in prossimità di fonti di calore come stufe e termosifoni che potrebbero far seccare il terriccio molto rapidamente. Le innaffiature del Croton sono un altro aspetto importante che possono fare la differenza nella riuscita di questa coltura. Si tratta di una pianta adatta a climi molto umidi durante quasi tutto il corso dell’anno. Per assicurare quindi una giusta umidità bisogna tenere in considerazione il numero e la quantità di annaffiature che il terriccio deve ricevere. Il substrato ha bisogno di un umidità quasi costante, la superficie deve risultare durante il periodo vegetativo mediamente umida.

Durante l’estate il Croton avrà bisogno di innaffiature più frequenti, per regolarsi basta tastare la superficie la quale deve risultare sempre leggermente inumidita. Per aumentare ulteriormente l’umidità necessaria alla pianta durante l’estate si possono effettuare delle nebulizzazioni periodiche sul fogliame. Per farlo si impiega un buon nebulizzatore e possibilmente si utilizza dell’acqua piovana che non è molto ricca di sali. Andranno evitati ovviamente i ristagni idrici avendo cura di predisporre del materiale drenante durante i rinvasi periodici. Il substrato ideale comunque prevede già una certa quantità di materia grossolana. 

Le concimazioni del Croton sono un buon modo per ottenere un fogliame vigoroso e di bell’aspetto. La somministrazione di concime si effettua dalla primavera fino all’autunno, di lì in poi si iniziano a ridurre progressivamente per sospenderle durante il periodo invernale in cui la pianta inizia il suo risposo vegetativo. La frequenza di applicazione dei concimi prevede un intervallo di 15 giorni tra gli interventi. Si possono utilizzare dei normali concimi liquidi per piante da appartamento seguendo i dosaggi indicati dal prodotto.

Le Malattie, parassiti e avversità

I parassiti del Croton più frequenti sono alcuni insetti comuni anche ad altre piante da serra, quelli più importanti e che possono arrecare danno sono: Cocciniglia e Afidi

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Piante carnivore

Piante carnivore: cosa sono
Le Piante carnivore sono piante erbacee che si distinguono dalle colleghe per il fatto di nutrirsi anche di insetti e di altri piccoli artropodi, senza disprezzare i “normali” elementi presenti nel suolo. Quelli che le piante non carnivore sintetizzano attraverso una azione congiunta di aria, luce ed acqua. Sono divise in tipologie differenti per morfologia e per genere di animaletti di cui si cibano. Il motivo per cui lo fanno non ha nulla di cannibalesco, né sadico, né stregato.

 Queste piante mangiando “carne” di insetto riescono a recuperare i nutrienti per garantirsi la sopravvivenza. Se non lo facessero, vivendo in ambienti poveri soprattutto di azoto, ma anche di potassio e fosforo, come ad esempio le paludi, le torbiere o altri habitat rocciosi, non avrebbero modo di sostentarsi, Gli insetti con le loro proteine animali salvano la vita alle Piante carnivore, ben lontane dall’idea di mangiare noi, o animali di altro tipo

Sono diponibili presso il nostro negozio

Piante carnivore anti-zanzare
Tra le piante carnivore una delle più comuni è la Dionaea Muscipula, comunemente nota come Venus Acchiappamosche, anche se apprezzata perché cattura le zanzare, oltre alle mosche. Questo genere di pianta è molto diffusa nel sud degli Stati Uniti, si trova bene in un clima temperato e preferisce crescere in pieno sole. Non è certo di quelle giganti, anzi, è piuttosto piccola, il diametro del suo fogliame ha un diametro medio di 15-20 cm, disposto generalmente a rosetta, verde chiaro, attorno al corpo centrale.

COLTIVAZIONE
E’ possibile iniziare la coltivazione di piante carnivore acquistandole nel nostro negozio o nel nostro vivaio  in piante già sviluppate. Chi volesse eseguire un primo esperimento può affidarsi alla scelta di alcune specie che vi suggeriremo-

AMBIENTE
Durante l’inverno, le piante carnivore necessitano di poche cure: vanno tenute in un ambiente umido e irrigate a cadenza settimanale. Bisognerà avere premura di eliminare le foglie morte e mantenere un grado costante di umidità senza consentire lo sviluppo di muffe.

PER LA CURA
Ecco alcune indicazioni di base per chi si vuole dedicare da neofita alla coltivazione delle piante carnivore. Fondamentale è la scelta della posizione: ben illuminata, con sole diretto ma protetta dalle violente correnti d’aria, un po’ umida ma non troppo. In casa queste Piante carnivore stanno bene sul davanzale di una finestra, al sole altrimenti in terrario: l’importante è che le loro radici abbiano lo spazio vitale per espandersi anche se non lo fanno molto.
Il terreno deve essere preferibilmente composto da buona torba di sfagno di elevata acidità e sabbia, essenziale in quota 1/3 per il drenaggio. Altro accorgimenti riguarda l’acqua: usiamo o la piovana o la distillata, zero calcare perché è dannosissima per le Piante carnivore.

Non è il caso di imboccare la propria creatura: sarà pur molto suggestiva l’idea di sfamare con insetti, porgendoli alla pianta nella sua trappola, uno a uno, ma possiamo causarle una fastidiosa indigestione. Se non ne possiamo fare a meno, limitiamoci alle zanzare che sono piccole, gradite e digeribili.

Problemi e rimedi
Potrebbe sembrare un vero paradosso, ma le piante carnivore sono vulnerabili all’attacco di parassitiafidi e cocciniglie. Per proteggerle è bene controllarle quotidianamente e rimuovere manualmente eventuali animaletti. Il periodo più critico è l’autunno, quindi meglio spostarle in un ambiente più fresco e ventilato e rimuovere tutte le foglie morte.

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Aecmea fasciata

Pianta dalle grandi foglie disposte a rosetta, dure e resistenti, che spesso presentano delle striature trasversali argentee.  A maturità la pianta emette al centro un infiorescenza composta da brattee di color rosa, dalle quali fanno capolino piccoli fiori celeste, che presto mutano il colore in rosso.  Questa specie   è una delle più popolari e note bromeliaceae, è comune negli appartamenti come pianta ornamentale, grazie alla facilità di coltivazione, alla bellezza del fogliame e della infiorescenza.

E’ disponibile presso il nostro negozio

Al genere aechmea appartengono circa cinquanta specie di piante epifite, sempreverdi, diffuse nelle foreste pluviali dell’America meridionale, dove si sviluppano sul tronco degli alberi, alla biforcazione dei rami. A. fasciata ha lunghe foglie carnose, appuntite, disposte in larghe rosette basali, di colore verde scuro, il nome fasciata deriva dalle larghe strisce orizzontali che vistosamente decorano le foglie, costituite da pruina blu-grigio. Ogni 2-3 anni al centro della rosetta di foglie si sviluppa una particolare infiorescenza, costituita da numerose brattee semilegnose, di colore rosato, tra cui sbocciano piccoli fiori lilla o bianchi. L’infiorescenza della Acmea rimane decorativa per mesi, quindi dissecca; spesso dopo la fioritura la pianta deperisce, mentre sviluppa alcuni germogli basali, che possono essere rimossi per dare origine a nuove piante, oppure lasciati nello stesso contenitore, in modo da originare un largo gruppo di piante, che produrranno contemporaneamente le nuove infiorescenze. Molto apprezzata come piante da appartamento, la aechmea oltre che molto decorativa è anche di facile coltivazione.

COLTIVAZIONE
Le piante di Acmea si coltivano in un terriccio soffice e ricco, mescolato con cortecce o altro materiale incoerente, per simulare il substrato che hanno a disposizione in natura. In genere non è necessario rinvasarle spesso, anche se talvolta si pongono in contenitori grandi, a causa del peso che possono raggiungere le piante ben sviluppate.

AMBIENTE
La Acmea si coltiva in appartamento, in luogo abbastanza luminoso, ma non a diretto contatto con la luce solare; si sviluppa senza problemi anche in luogo ombreggiato o semiombreggiato. Teme il freddo, e non sopporta temperature inferiori ai 15°C. 

PER LA CURA
In natura queste piante vivono in luoghi con altissima umidità, è quindi consigliabile vaporizzare saltuariamente le foglie dell’intera pianta; le annaffiature si praticano riempiendo il calice costituito dalle foglie, ed evitando di inumidire eccessivamente il substrato di coltivazione. Possono sopportare senza problemi brevi periodi di siccità.

Problemi e rimedi
Gli eccessi di annaffiature possono causare lo sviluppo di marciumi radicali. E’ bene controllare che il terreno scelto sia adeguato e consenta il buon drenaggio dell’acqua; nel caso si noti il problema, occorre intervenire diminuendo le annaffiature e, nel caso, travasando la pi
anta in un substrato più drenante.

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Sanseveria Cylindrica Vellutata

Nativa dell’Africa occidentale, la sansevieria viene da tempo coltivata anche danoi. In Cina e in Corea è associata alle tradizionali 8 virtù (lunga vita, prosperità, intelligenza, bellezza, arte, poesia, salute e forza). Sansevieria cylindrica è la specie più rara e oggi è molto di moda anche con le punte vellutate.

E’ disponibile presso il nostro negozio

La COLTIVAZIONE
Dopo l’acquisto la sansevieria va rinvasata in un vaso di una o due misure in più, in plastica o terracotta.

Utilizzare un terriccio per piante grasse (oppure per piante verdi). Al momento del trapianto, collocare sul fondo del vaso una manciata di biglie d’argilla per favorire il drenaggio, indispensabile per la salute delle radici.

PER LA CURA
Basta bagnare (di rado) e dare un po’ di concime in primavera-estate; ogni tanto è utile spolverare le foglie con un pannetto umido. Gli interventi sono davvero minimi: occasionalmente si ripuliscono le foglie per asportare la polvere, che può arrivare ad ostruire i pori delle foglie.

Non usare lucidante fogliare: è sufficiente un pannetto inumidito. Smuovere la superficie del terriccio per evitare che si formi una crosta indurita.
Richiede annaffiature molto moderate, al solo scopo di inumidire leggermente il terriccio se risulta del tutto asciutto (in genere ogni 5-7 giorni in estate, circa ogni 2 settimane in inverno); tastare il terriccio per capire se ha bisogno di acqua. Svuotate il sottovaso dall’acqua non assorbita, dopo circa 15 minuti. Non richiede spruzzature sul fogliame, che non ama restare umido.
La sansevieria ha un fabbisogno nutritivo modesto: occorre concimare ogni 20 giorni dalla primavera all’estate; sospendere in autunno e inverno.
Mai eccedere con la quantità di concime: meglio poco che troppo. Prima di concimare è bene inumidire il terriccio.

Ambiente:
Vive bene in casa tutto l’anno; da maggio a settembre può vivere anche in balcone o giardino in posizione all’ombra, al riparo dal vento. Ama le posizioni con molta luce ma senza sole diretto, da evitare perché brucia il fogliame. La temperatura ideale è fra 18 e 24 °C, ma tollera fino a 10 °C se il terriccio è ben asciutto.

Evitate tutte le zone soggette a frequenti colpi d’aria fredda in inverno (porte e finestre che vengono spesso aperte).
Tenete le piante lontano da stufe, termosifoni, fornelli, caminetti e altre fonti di calore diretto.
Appoggiate i vasi su un largo sottovaso con biglie di argilla espansa umide, in modo che il velo d’acqua presente sotto le biglie non entri in contatto diretto con i vasi stessi.
Coprite la superficie del terriccio con ciottoli bianchi o colorati, sia come decorazione che come pacciamatura, per conservare un minimo di umidità per lungo tempo.

Abbinamenti:
Nel vaso è meglio non unire altre piante, accostando la sansevieria ad altre grasse e succulente, che hanno esigenze simili.

Problemi e rimedi:

  • Le foglie hanno macchie scure e segni di marciume alla base? Troppa acqua: bagnare meno e non lasciare mai acqua nelle cavità tra le foglie.
  • Le foglie sono pallide e scolorite? Carenza di luce: spostare in posizione più luminosa, ma non al sole.
  • Bruciature e macchie secche sulla foglie? Esposizione ai raggi diretti del sole. Spostare in posizione non esposta al sole; le macchie purtroppo non scompariranno più.

Curiosità:

  • Il nome fu scelto a fine ‘700 dal biologo e naturalista italiano Vincenzo Petagna in onore di Pietro Antonio Sanseverino, Conte di Chiaromonte, che finanziava il suo lavoro scientifico.
  • Secondo il Feng Shui, l’antica arte cinese che studia come l’energia vitale del cielo e della terra fluisce e interagisce con l’uomo, la sansevieria è, per la sua forma, consigliata per la casa e in particolare per la camera da letto.
  • Ha molti significati: forza, resistenza, salute e anche l’arrivo di ricchezza e denaro.
[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Come riconoscere il miele di qualità

Il miele è un prodotto alimentare antinfiammatorio così saporito quanto sano.

Secondo l’ultimo studio del 2016 della Commissione sull’attuazione dei programmi a sostegno dell’apicultura, l’Europa è il secondo produttore al mondo di miele e in Italia vengono prodotti 23.000 delle 250.000 tonnellate di miele che si producono in tutta l’UE.

Noi, con le nostre 90 arnie (circa) contribuiamo a produrre circa 1500 Kg di miele all’anno.

Se in termini percentuali aumenta il numero delle colonie di api, diminuisce invece (-4%) quello degli allevatori.
In particolare la Commissione Ue rileva tra gli elementi critici il peggioramento delle condizioni di produzione, l’aumento dei costi di produzione e la crescita delle importazioni di miele a basso costo dai paesi terzi creano una situazione di sempre maggiore concorrenza.
Rispetto agli altri Paesi europei il consumo di miele in Italia è comunque molto basso, se si considera che la media europea è intorno ai 700 grammi e i tedeschi e i greci consumano ogni anno oltre un chilo di miele.
Fuori dall’europa, questo dolce nettare è l’esportazione più importante di diversi paesi come ad esempio Cuba, davanti a zucchero e caffè, secondo l’ONU. A Cuba, il miele è apprezzato per il suo valore culinario, medicinale e spirituale. Quando ordinate il caffè qui all’Avana, il miele viene spesso presentato insieme allo zucchero. Questa pratica risale alla lotta per l’indipendenza del 1860, quando la produzione di zucchero è stata ridotta, e il popolo cubano ha da tempo riconosciuto i benefici per la salute del miele rispetto allo zucchero.

Sempre secondo il rapporto, nel nostro paese è stato rilevato un aumento nell’importazione del miele prima dalla Romania (che ne produce 34.999 tonnellate) e poi dalla cina (primo produttore mondiale di miele).

Tali importazioni stanno generando un divario di mercato per via dei prezzi più bassi rispetto al miele prodotto in Italia.

In generale il prezzo del miele è in forte ascesa dal 2001 ed è raddoppiato nel corso degli ultimi 7 anni (come viene rilevato da questo rapporto della UNA_API del 2014). Sembra che anche questo fattore, unitamente all’aumento della domanda interna, stia agevolando l’importazione da altri paesi. A causa della diversa regolamentazione sulla tracciabilità e sulla valutazione qualitativa dei paesi esteri di produzione (a volte inestistente) la stessa qualità del miele prodotto all’estero viene costantemente messa in discussione.

La qualità del miele

A fare la qualità del miele concorrono numerosi aspetti ed i primi elementi di qualità sono la genuinità e la salubrità del prodotto. Secondo la legge Italiana, è considerato miele solo il prodotto che sia fatto dalle api a partire da nettare o da melata: non esistono, in altre parole, mieli “artificiali” o fatti con lo zucchero; prodotti del genere non possono essere legalmente commercializzati.
Niente conservanti, quindi, non ce ne sarebbe bisogno, ma neanche coloranti o aromatizzanti: l’aroma e il colore del miele sono quelli che gli derivano dalle piante bottinate dalle api.
Tra i prodotti alimentari il miele è anche uno di quelli che può dare maggiori garanzie riguardo alla presenza di eventuali residui di sostanze estranee: anche in questo caso è la legislazione, con norme restrittive, a fare da guardiana alla salute pubblica, ma è la sua stessa natura ad assicurare la necessaria salubrità.

Un tema diverso invece è quello che riguarda “le miscele” di miele che sono un mix di diverse tipologie di miele che servirebbero, tra le altre cose, a mantenere il miele in forma liquida.

Come riconoscere mieli di qualità

Un criterio di qualità, è la buona conservabilità del prodotto, che è collegata a un basso contenuto d’acqua. In questo caso è l’apicoltore, o comunque chi commercializza, a selezionare i mieli in modo da garantirne la qualità sotto questo punto di vista. La legge, in questo caso, è molto permissiva, ma è anche interesse del produttore non mettere in commercio prodotti che rischiano di fermentare proprio per la presenza di acqua. I mieli fermentati si riconoscono facilmente già dall’aspetto schiumoso, con bolle di gas inglobate ed un’eventuale separazione tra la componente liquida e quella solida.

Separazione in fasi

Un sintomo di invecchiamento e di conservazione a temperatura eccessivamente elevata è la separazione di fasi, cioè l’evidenziazione di uno strato di miele liquido alla superficie del prodotto cristallizzato.

Il processo di cristallizzazione è un processo naturale ed avviene per diversi fattori.
Il primo è il rapporto fra glucosio e acqua. Tutti i mieli sono costituiti da circa un 18% di acqua. In quest’acqua è disciolto il 70% circa di zuccheri monosaccaridi (fruttosio e glucosio) in percentuali a loro volta variabili. Si tratta quindi di una soluzione sovrassatura, ossia una soluzione nella quale la concentrazione del soluto (gli zuccheri) supera quella che il solvente (l’acqua) può contenere stabilmente, sicché il glucosio tenderà a separarsi dal solvente precipitando sottoforma di cristalli.
Un secondo fattore che consente la cristallizzazione è il rapporto fra fruttosio e glucosio. Se il fruttosio predomina sul glucosio banalmente il miele tenderà a rallentare il processo di cristallizzazione restando a lungo liquido (si pensi al caso dell’acacia o del castagno).
Al contrario, mieli nei quali la percentuale di glucosio è più alta (ad esempio gli agrumi e molti millefiori primaverili, il trifoglio, il girasole, timo, santoreggia etc.) avranno rapidi fenomeni di cristallizzazione. Naturalmente l’innesco della cristallizzazione avviene già nel momento dell’estrazione a freddo del miele, che agitando i cristalli ne facilita lo sviluppo, ma possiamo anche dire che la cristallizzazione è accelerata dalle basse temperature.

Cosa fare quando il miele si è cristallizzato?

Si può certamente riscaldarlo, anche a bagno maria, o più semplicemente tenendolo per qualche minuto fra le mani e rimescolandolo con un cucchiaio, o ponendolo per pochi minuti a contatto con una fonte di calore come un termosifone. In alternativa basta metterlo in freezer quando è ancora liquido, per bloccare la precipitazione dei cristalli.
Noi preferiamo consumarlo così come si presenta.
Infatti, anche i prodotti che hanno subito dei trattamenti termici devono essere considerati impoveriti rispetto agli equivalenti non riscaldati. E’ meglio diffidare quindi dei prodotti che vengono presentati allo stato liquido in una stagione in cui sarebbe lecito immaginarli già cristallizzati, a meno che non si tratti di robinia (acacia), castagno o melata: con ogni probabilità sono stati rifusi.
E’ bene ricordare che sia la fusione che la pastorizzazione non hanno alcuno scopo igienico-sanitario e danneggiano irreparabilmente il prodotto, distruggendone la carica enzimatica.

Il miele e le sue proprietà benefiche

Miele di acacia

Sin dai tempi antichi il miele è diventato il concetto di cibo come medicina. Per i Sumeri oltre 4.000 anni fa per il suo uso come unzione e medicina. Il miele contiene vitamina C, complesso vitaminico B e minerali chiave come ferro, calcio e magnesio.

Il miele è ricco di proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.

È stato dimostrato che il miele riduce l’infiammazione, ad esempio COX-2. Contiene molti potenti composti anti-infiammatori chiamati flavonoidi, come la quercitina.
Il miele è un alimento base nella medicina tradizionale e è naturale.
Tra le principali proprietà riconosciute al miele, ricordiamo:
1) Sedativo della tosse
Secondo gli studi effettuati da parte degli esperti della Tel Aviv University, il miele può essere considerato come un sostituto dei comuni sciroppi per la tosse e somministrato la sera prima di coricarsi nella dose di un cucchiaino, come se si trattasse di un vero e proprio farmaco. I medici hanno potuto rendersi conto nel corso di una simile sperimentazione di come esso possa essere realmente efficace nel sedare la tosse, senza bisogno di ricorrere ad altri medicinali.
2) Proprietà antibiotiche
Le proprietà antibiotiche del proprietà antibiotiche del miele applicato sulla pelle per uso topico erano ben conosciute da parte della medicina naturale tradizionale, ma furono presto dimenticate da molti con l’arrivo della penicillina e di pomate farmaceutiche per la cura di ustioni ed abrasioni. Secondo uno studio effettuato in Nuova Zelanda, il miele, con particolare riferimento alla varietà “Manuka”, conterrebbe una quantità di perossido di idrogeno che ne renderebbe benefica l’applicazione come antibiotico e disinfettante su piccole lesioni della pelle.
3) Proprietà antinfiammatorie
Tra le proprie numerose caratteristiche ritenute benefiche per la salute, il miele presenta inoltre delle proprietà antinfiammatorie che rendono la sua applicazione adatta in caso di punture di insetti, con particolare riferimento alle punture di zanzara. Le proprietà antinfiammatorie del miele permetterebbero infatti di alleviare il prurito ed il rossore provocato dal contatto degli insetti con la nostra pelle.
4) Contenuto di antiossidanti
Il miele è considerato come un alimento funzionale ricco di polifenoli, degli antiossidanti naturali che possono aiutare il nostro organismo nella prevenzione di numerose malattie e nel rallentare i processi di invecchiamento che lo coinvolgono con il trascorrere del tempo. Il miele è ritenuto in grado di proteggere l’organismo umano dall’azione svolta dai radicali liberi e di giovare inoltre alla salute del cuore.
Bisogna tuttavia tenere conto di come alcuni pediatri preferiscano vietare che venga somministrato miele ai bambini di età inferiore ad un anno per i pericoli legati alle infezioni della tossina botulinica.

In sintesi, il miele merita di entrare tutti i giorni nelle nostre tavole ma è importante assicurarsi che sia di buona qualità.

Puoi acquistare il nostro miele qui

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

L’orto biologico

Per “orto biologico” si intende proprio un insieme di ortaggi coltivati senza uso di concimi chimici o diserbanti. Affinché un orto possa definirsi tale non basta, coltivare le verdure evitando di aggiungere diserbanti, ma è anche necessario che tutte le fasi colturali siano realizzate con metodi “biologici”. Le piante dell’orto biologico devono nascere ed essere messe a dimora, concimate, rinvasate e diserbate ricorrendo a metodi naturali o a tecniche manuali. Le nostre piante orticole prevedono, infatti, sin dalla germinazione del seme (proveniente da processi biologici e biodinamici) un naturale processo di crescita biologico. I concimi dovranno, quindi, comprendere esclusivamente fertilizzanti organici, come stallatico maturo, compost, torba, pollina e simili, mentre la lotta a parassiti e piante infestanti dovrà essere fatta ricorrendo a sostanze esistenti in natura o alla rimozione manuale. Gli insetti ed i parassiti vegetali vanno combattuti esclusivamente con sostanze a base di rame e zolfo (e con le giuste dosi), composti chimici già esistenti in natura. Nella maggior parte dei casi, però, la coltivazione di un orto biologico va fatta escludendo qualsiasi sostanza chimica.

Le regole di un buon orto “bio”

Oggi si fa un gran parlare di orto biologico, di “verdure fai da te a chilometro zero”. Ma cosa rende un orto veramente biologico?
– Utilizzare soltanto concimi biologici come letame, torba, compost.
Selezionare esclusivamente semi e piantine naturali (per intendersi, evitare tutti quelli che nella confezione o nella bustina recano la scritta “Ibrido”
Utilizzare la tecnica della “rotazione degli ortaggi”, che differenziando ogni stagione il tipo di coltura su un determinato spazio, consente sia l’arricchimento naturale del terreno con elementi differenti sia la non proliferazione di specifici parassiti
Proteggere il proprio orto, al di là dell’ampiezza, con apposite barriere naturali che impediscano l’accesso ad animali dannosi
– Utilizzare insetticidi naturali a base di rame o zolfo
Divieto assoluto di erbicidi, pesticidi, fertilizzanti chimici

Suggerimenti Utili

Dopo aver acquistato le piantine biologiche
Ogni anno ha le sue stagioni e non sempre l’acquisto delle piantine e la relativa messa a dimora coincide con la stagione ideale per iniziare la coltivazione. Per evitare di compromettere il raccolto ti diamo 3 piccoli suggerimenti da seguire:
Acquista subito le piantine
Se è vero che bisogna sempre attendere la stagione giusta per avviare le coltivazioni, è anche vero che attendendo troppo si rischia di inoltrarsi troppo in stagione e di non raccogliere i frutti. Acquistando subito le piantine orticole potrai disporre di piante con una crescita adeguata e pronte ad essere messe a dimora. Fai però attenzione a proteggerle dal freddo e dalle intemperie.
Proteggi le tue piantine
Dopo aver acquistato le piante, puoi scegliere di metterle a dimora e proteggerle con una “mini serra a tunnel” oppure “mantenerle” in una semplice “serra da balcone” fino a quando non deciderai di trapiantare. In entrambi i casi potrai giovare della continuazione di crescita anche in periodi con meteo non ideale.

Fai però attenzione a tre fattori:
a) la serra non deve mai superare i 25° di temperatura, quindi dovrai areare sempre durante le ore più calde
b) se utilizzi una serra da balcone evita di disporla in un luogo eccessivamente assolato
c) mantieni sempre un’umidità adeguata (50-80%) innaffiando regolarmente. La soluzione migliore è adottare una serra a tunnel (anche se fai da te) in modo da permettere un’areazione naturale tenendo aperti i due lati delle testate.

Il Trapianto.

La fase del trapianto è molto importante e viene spesso sottovalutata. Le piantine sono già “acclimatate” ma potrebbero subire uno stress sia per effetto di cambi repentini delle temperature ma anche per un errato trapianto nel terreno. Per mettere a dimora la piantina assicurati di:

a) porre il terreno fino a 1 cm al disopra il colletto della pianta

b) crea una zona di raccolta d’acqua intorno al colletto in modo da mantenere la zona alla base della pianta sempre umida . Ti suggeriamo inoltre di valutare sistemi di pacciamatura per evitare la crescita di erbe infestanti ricorrendo, ad esempio, all’uso della pacciamatura con la paglia.

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

La pecora alla cottora

Un piatto semplice ma dalla lunga preparazione e dal sapore unico
5h 30′
Media
Dosi per 6/8 persone

INGREDIENTI

10 kg. di Pecora
3 lt. Acqua
2 lt. Vino bianco
1 lt. olio
2 kg. di pachino
2 cipolle
3 carote
6 spicchi di aglio
4 foglie di salvia
6 foglie di alloro
1 rametto di rosmarino
2 gambi di sedano
Sale q.b.

 


di Andrea Ciofani

Valutazioni
1 rate
5
Qualità dell'articolo

Inizia la tua valutazione

Qualità dell'articolo

Il Tuo nome *



Email



Titolo



Commento *














PREPARAZIONE

La Pecora alla Cottora è un piatto semplice ma dalla lunga preparazione e dal sapore unico. Nella marsica viene detta “la pecora ajio cotturo”.
Cenni storici del piatto
TreppiediLa “cottora” e’ il paiolo (pentolone in rame) degli antichi pastori retto da un treppiede e da una catena con gancio che viene posto sopra il fuoco di legna; era utilizzato durante la transumanza ed oggi è presente in molte case come cimelio delle generazioni passate. Ovviamente, oggi non viene più utilizzato e nel caso nostro utilizziamo pentole in alluminio oppure in acciaio.

In passato, durante le transumanze, venivano utilizzati i capi azzoppati, i più malandati, le pecore “sterpe”, cioè sterili. La preparazione avveniva all’aperto, come ancora oggi in alcune rievocazioni e feste celebrative della transumanza.
La ricetta della pecora “alla cottora” affonda le sue radici nella tradizione pastorale (alcuni cenni si ritrovano dal Regno di Napoli del 1597).

La ricetta
In passato, prima della lessatura le carni venivano lasciate a marinare per una notte insieme alle erbe aromatiche raccolte durante il cammino (in transumanza), poi si provvedeva alla bollitura per diverse ora fino a quando la carne non diventava tenera.
In generale il procedimento di preparazione prevede la lessatura della carne in acqua bollente, schiumando le impurità, poi va scolata, sciacquata di nuovo in acqua calda e nuovamente scolata, per poi essere rosolata in olio con tutte le spezie e gli odori. La ricetta originale non prevede pomodoro, ma secondo i gusti si può aggiungere la salsa per renderla ancora più “saporita“.
Riassumendo quindi: Tagliate la carne a pezzi non troppo grandi ed eliminate le parti troppo grasse. Utlizzando due pentoloni che possano contenere la pecora tagliata, mettete dentro uno dei due pentoloni i pezzi, qualche foglia di alloro e versate l’acqua (non salate) che dovrà coprire il tutto, accendete e fate cuocere da quando bolle 4 ore circa aggiungendo acqua calda man mano che servirà. Mescolate spesso e con l’aiuto di uno scolino eliminate il grasso (in forma di schiuma) dalla superficie dell’acqua.

Durante la bollitura, nell’altro pentolone, aggiungete il vino bianco, l’acqua i pachino tagliati in due, il sedano tagliato a pezzi , l’olio d’oliva, la cipolla tritata, le carote tagliate a rondelle, l’aglio, la salvia, il rosmarino e le foglie d’alloro e il sale q.b.
Al termine delle 4 ore spegnete e scolate i pezzi di carne e versateli dentro l’altro pentolone, dove avete già preparato la salsa per aromatizzare la carne. Fate cuocere il tutto a fuoco lento da quando bolle per un’ora.

Lasciate riposare per una ventina di minuti e servite in ciotole di coccio.

LE VARIANTI DEL TIMO
Ovviamente noi aggiungiamo il timo che dona un gusto fresco ed aumenta l’aroma del piatto. Serviamo su di un piatto per prime portate in modo che il sugo di cottura possa essere gustato fino in fondo…
Potrete utilizzare il sugo di cottura per condire della pasta come delle mezze maniche o delle fettuccine, aggiungendo del pecorino e del peperoncino.
[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Baccalà ‘mbriache

Un piatto semplice della tradizione Abruzzese
35′
Facile
Dosi per 3 persone

INGREDIENTI
Vino bianco Trebbiano d’Abruzzo
PREPARAZIONE
Prendete una pirofila e disponete nelle stessa i pezzi di baccalà, la cipolla finemente tritata,  l’olio, due bicchieri di vino ed un paio di foglie di alloro.
Ponete la pirofila nel forno a 200°C e lasciate cuocere fino a che il vino non è completamente evaporato.
LE VARIANTI DEL TIMO
Aggiungi del “timo limone” fresco quando servi a tavola.
[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]

Le tecniche della concimazione: dal biologico al fai da te

Concime biologico
Concime biologico

Si dicono concimi quelle sostanze, naturali o artificiali, che per la loro composizione chimica sono capaci di conferire al terreno agrario un più alto grado di fertilità, sia che lo arricchiscano di materiali nutritivi originariamente assenti o in difetto, sia che ad esso restituiscano il materiale sottratto da precedenti raccolti.

La concimazione è un’operazione che riveste una notevole importanza nella massimizzazione della produttività delle nostre coltivazioni. Essa è quindi da ritenersi un’operazione indispensabile se vogliamo sfruttare al meglio le potenzialità del terreno destinato alla produzione delle nostre colture.

I concimi si trovano di molti tipi e di differenti utilizzi. L’industria chimica svolge un ruolo preminente per la produzione di fertilizzanti di sintesi. Tuttavia, negli ultimissimi anni c’è un certo ritorno all’uso di “stallatici” o prodotti che hanno come base di lavorazione i materiali organici provenienti dall’agricoltura; la gran parte delle produzioni agricole sfrutta l’abbinamento di fertilizzanti di tipo chimico e biologico, anche se, se un terreno viene concimato in modo adeguato tramite concimi organici, può non essere necessario il ricorso a concimi chimici.

Possiamo catalogare i concimi i nostri fertilizzanti in due categorie: i concimi organici (biologici) e concimi chimici (sintetici).

Il concime chimico è un prodotto artificiale di sintesi  penetra direttamente nella pianta tramite un processo di osmosi sfruttando il principio della differente concentrazione tra il terreno e le radici; i concimi chimici non contengono tutte le sostanze minerali presenti in natura nel terreno inoltre alterano la composizione del terreno.

Il concime organico, a differenza di quello chimico, nutre il terreno che diventa sempre più fertile; il contenuto completo di sostanze nutritive nutre i microrganismi presenti nel terreno, non si ha quel passaggio forzato del fertilizzante chimico dal terreno alla pianta, questo apporta notevole miglioria alle caratteristiche fisiche e biologiche del suolo. Inoltre forniscono direttamente alle piante dei Sali Minerali indispensabili per una corretta crescita contenendo spesso tutti gli elementi nutritivi di cui le piante hanno bisogno, le quali richiedono, come conseguenza, un utilizzo decisamente inferiore di prodotti antiparassitari e pesticidi.

Possiamo generalizzare che il fertilizzante sintetico permette la crescita della pianta, ma la rende incompleta e ne varia la resistenza stessa, diminuendo la sua capacità vitale; viceversa il concime organico o naturale, permette la crescita di una pianta sana e resistente e racchiude in sé tutti gli elementi indispensabili alla sua vita.

Questo ci permette una immediata conclusione che ci fa comprendere di quanto sia preferibile la coltivazione e quindi il conseguente consumo di alimenti di origine biologica o biodinamica non solo per il nostro benessere, ma anche per l’ intero ecosistema.

 Circa gli elementi nutritivi che andiamo a ripristinare attraverso la concimazione possiamo schematizzarli in:

– Macroelementi sono quelli di cui le piante hanno bisogno in quantità maggiori come azoto, fosforo, potassio ma          anche zolfo, calcio e Magnesio

– Microelementi  ugualmente importanti ma richiesti in quantità inferiori dalle piante quale ferro, rame, zinco, cloro, silicio, manganese

I concimi biologici possono essere di origine animale, vegetale o mista.

Il concime di origine animale come i liquami zootecnici, il letame (detto anche stallatico), è il concime di eccellenza per il nostro orto, meno ‘digeribile’ dalle piante anche perché disperdono facilmente alcuni degli elementi nutritivi che dovrebbero essere assimilati dalle radici, come l’azoto, e ne distribuiscono in maniera eccessivamente eterogenea altri.

Il concime di origine vegetale come il compost (totalmente’bio’si ottiene tramite la fermentazione e seguente macerazione di scarti vegetali quali la buccia e il torso delle mele, le foglie secche raccolte in giardino, i resti dell’orto etc), la cenere di legna per arricchire di potassio la terra, e la sansa (una sostanza ottenuta dagli scarti di lavorazione dell’olio d’oliva).

Il concime misto come il compost (che può essere ottenuto dalla decomposizione combinata di elementi di origine vegetale e animale) e la pollina (si ottiene trattando industrialmente le deiezioni di animali volatili, può contenere tracce di elementi inorganici contenuti nella dieta dei volatili, viene essiccata e ridotta in pellet che possono essere distribuiti facilmente nel campo da coltivare e contiene buone percentuali di azoto, fosforo e potassio).

Nella nostra casa si nascondo insospettabili ‘rifiuti’ che possono trasformarsi in un compost naturale di qualità.

compost naturale e Concime biologicoRiutilizzare gli scarti organici di tutti i giorni è un’ottima idea per concimare le piante di casa o del giardino. E’ fondamentale possedere una compostiera, in legno o in metallo, anche di manifattura artigianale, anche un grosso secchio va bene. Questo contenitore serve per raggruppare i rifiuti solidi urbani ed è il luogo ideale per la loro decomposizione aerobica, cioè in presenza di ossigeno. Al suo interno, infatti,l’ossigenazione e il proliferare di lombrichi e batteri porta alla creazione di un terriccio particolarmente fertile (humus). Sul fondo di questo mettete uno strato di terra, poi uno di residui della tavola (bucce, frutta o verdura andata a male,fogliame, ovviamente, MAI la carne) e alternate: un altro strato di terra, un altro di residui, un altro di terra. Rimescolate il tutto con una paletta ogni 10 giorni, per 1 mese. A fine mese, le bucce e la terra saranno scomparse, sostituite da un composto nerastro e grasso, altamente nutritivo per le piante e i fiori.

riciclo cenere per concimazione naturale

Le ceneri, essendo ricche di fosfati, costituiscono un ottimo concime naturale. Prendete della cenere ottenuta esclusivamente bruciando legname, foglie secche, tabacco. Mescolatela al terriccio cercando di rispettare queste proporzioni: terriccio 70%, cenere 30%. In seguito, amalgamate per bene. Evitare di mettere la cenere direttamente sulla superficie del vaso.

fondo caffè per concimarefondi di caffè sono ricchi di potassio, fosforo, rame e magnesio; rilasciano azoto nel terreno e lo rendono leggermente acido. Dunque potete metterli direttamente come concime per le vostre piante, sono adatti per la concimazione di fiori che amano i terreni acidi, come le rose, le azalee, il rododendro, i sempreverdi e le camelie. Il terreno raggiungerà l’acidità necessaria ed i fiori potranno trarre da esso maggior nutrimento. Può anche essere impiegato come fertilizzante liquido: basta aggiungere due tazze di fondi di caffè a un secchio d’acqua, dopo qualche ora di infusione, avrete il vostro fertilizzante liquido naturale per le piante da giardino e da vaso. E’ ideale come nutrimento per le foglie. Attenzione però a non esagerare con le quantità, è sufficiente utilizzarne un cucchiaino al mese. Inoltre il caffè in polvere, ottenuto lasciando asciugare all’aria i fondi rimasti nella caffettiera, potrò essere cosparso lungo i bordi dell’orto per allontanare le lumache senza ricorre a sostanze chimiche dannose.

buccia di banana per concimare

Le bucce  di banana possono diventare un fertilizzante naturale fai da te. Per usare questo concime basterà tritare le bucce in piccoli pezzi e interrarle superficialmente, in alternativa potete ricavare anche un concime per la fertirrigazione: mettere a macero le bucce di banana e dopo 15 – 20 giorni usare il liquido per irrigare le piante.

fertirrigazione acqua di cottura delle verdure L’ acqua di cotture delle verdure  se le verdure provengono da agricoltura biologica o da coltivazione locale, potete usare la loro acqua di verdura per la fertirrigazione dell’orto. Evitate di usare l’acqua di cottura delle verdure se queste provengono da agricoltura intensiva e quindi sono ricche di pesticidi e composti chimici potenzialmente nocivi.. Una volta fredda, riutilizzatela per annaffiare: attenzione però a fare in modo che non sia salata.

concimare con i gusci d'uovo

 I gusci d’uovo  in trito sottile possono favorire la naturale fertilità del terreno e, se disposto alla base delle piante, può tenere lontane le lumache.

infusi tisane per fertirrigazioneInfusi di calendula tarassaco e di camomilla possono essere usati per fertilizzare l’orto e le piante ornamentali. E’ particolarmente utile, una volta freddi, per fertilizzare e stimolare la crescita delle piante coltivate in vaso.

[sg_popup id="21" event="click"]Ti è piaciuto l'articolo? Possiamo inviarti gli articoli più richiesti?[/sg_popup]